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Giulia o Tommaso, questo è il dilemma

Altro che la scuola a cui iscriverli, l’attività sportiva o il pianoforte. La scelta più difficile per i propri figli è diventata il nome…

Mer 21 Dic 2011 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli

Ho scelto il nome per il mio terzo pargolo. Mi porto avanti, si sa mai dovesse arrivare. Perché tanta ansia anticipatrice? Tutta colpa di una coppia di carissimi amici. Lui è americano, lei italiana. Una situazione in cui c’è tutto un set di problemi supplementari da risolvere rispetto alle solite interminabili discussioni familiari. Il nome deve essere pronunciabile correttamente in entrambe le lingue madri, associarsi bene con un cognome straniero, possibilmente evitando quell’effetto curioso che si aveva una volta nei vecchi film o nei fumetti di Diabolik, dove si italianizzava solo il nome e non il cognome: i personaggi interpretati dal grande Spencer Tracy si chiamavano con nomi tipo Gino Johnson o Filippo Williams. E la compagna di Diabolik? Eva Kant. Sarà per queste difficoltà supplementari, sarà perché i miei amici sono particolarmente indecisi, sta di fatto che la piccola erede ha visto la luce senza che una decisione fosse presa, scatenando una corsa sfrenata alla scelta dell’ultimo minuto. Che ci volete fare, mica tutti hanno l’ispirazione così di getto o scelgono tranquillamente il personaggio preferito della soap senza rimorsi (generando esecrabili Ridge Rossi) o quello del calciatore (Diego Armando Esposito, con la variante estrema Diego Armando Maradona Esposito).
In proposito mi viene sempre in mente una scena magistrale della serie tv “Friends”: due dei giovani scanzonati protagonisti hanno iniziato da pochi giorni una relazione, quando lei intuisce terrorizzata che lui si sta lanciando patologicamente in avanti: ha già progettato la loro futura vita insieme, dal matrimonio alla pensione, figli inclusi. Ecco il magistrale scambio di battute (vado a memoria): “Ross, non starai mica già pensando al nome dei nostri figli?”. Lui: “Ma no, Rachel, mi è venuto in mente solo perché stavo leggendo un libro…”. Lei: “Che libro?”. “Ehm… Il grande libro dei nomi dei bambini…”. Ancora rido, ripensandoci. Ma col passare del tempo e guardandomi attorno, comincio a capire Ross: scegliere un nome per i figli sta diventando sempre più difficile. Una volta avevi almeno qualche punto di riferimento. Le possibilità, fondamentalmente, erano tre: 1) tradizione cattolica (il santo preferito, oppure Giuseppe o Maria); 2) nome di uno dei nonni; 3) nelle famiglie “comuniste” o anarchiche, un numero d’arrivo (Primo, Secondo) o uno ispirato alla tradizione russa (Ivan, Lenin). Naturalmente si litigava anche allora, soprattutto tra nonni e nonne e tra devoti di santi diversi. Ma almeno il campo di gioco era ben definito. Soprattutto nel Sud Italia, si trovavano interessanti compromessi: un primo nome scelto da lui, un secondo scelto da lei, ma poi il bambino per tutta la vita veniva chiamato con un terzo nome che non figurava su nessun documento, vedi Giacinto Pannella, detto Marco.
Poi arrivò il tempo oscuro delle mode imposte dalla televisione. L’era dei Kevin e dei Maicol (scritto proprio così, perché l’ascoltavamo in tv e non sapevamo come fosse scritto l’originale anglosassone o non lo sapeva l’ufficiale dell’anagrafe). Anche qui naturalmente c’erano tradizioni dissidenti rispetto alla massa. E finiva anche peggio: era il partito dei nomi esotici, ma un po’ new age: Shanti, Chandra, Cosmo...
Anche questo Medioevo onomastico è in parte finito. Ma ha lasciato dei segni profondi. Cicatrici vere. Non solo sulla pelle dei poveri portatori di nomi improbabili. Per cercare di dimenticare quegli eccessi, proprio come per tutti gli anni 80 ci si è vergognati di aver portato i pantaloni a zampa di elefante nei 70, c’è un certo ritorno alla tradizione. Naturalmente, non senza qualche confusione. Si va in cerca di nomi dai suoni classicheggianti. Gettonatissimo Emma. Peccato che sia classicheggiante sì, ma più nel Sussex che a Bergamo. Il tentativo disperato è quello di cercare un nome originale, ma non eccentrico. E ti pare facile… è come cercare i titoli delle canzoni o dei libri: dopo migliaia di pubblicazioni, alla fine non ripetersi è quasi impossibile.
Ora siamo entrati in una fase nuova: l’era dei social network, del passato digitale incancellabile. Non basta che il nome suoni originale e non sia “strano”, deve anche essere “pulito” da ingombranti memorie elettroniche. Secondo il New York Times ormai molti genitori prima di scegliere il nome fanno una ricerca su Internet e social network. Se ti chiami Rossi e scegli di chiamare tuo figlio Paolo, puoi star certo che la vita digitale di tuo figlio sarà oscurata da quella di omonimi ben più celebri. Cercando il suo nome su Google, verranno fuori prima di lui migliaia di risultati legati al goleador del Mondiale di calcio dell’82, poi quelli del comico e così via. E va anche bene. Perché l’altra inquietante possibilità è di scegliere nomi che accomunano il nostro pargolo a malfattori vari: stupratori, serial killer o maniaci del nudismo oltranzista. E se da grande il suo datore di lavoro, “googlandone” il nome, si trovasse di fronte a un curriculum composto da foto porno o un elenco di vittime? Adesso capite perché ho deciso di portarmi avanti col lavoro? Giulia o Tommaso, miei futuri amori di mamma, non vi preoccupate, i vostri nomi sono garantiti al cento per cento. O no?            
 


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