Alternative all’ombrellone
Piccoli film nel vuoto delle sale
Ven 15 Giu 2012 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
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L’estate è alle porte e alcune major, come fanno da qualche anno a questa parte, hanno scelto questo periodo come trampolino di lancio dei propri film. Ma anche una serie di piccoli film che trovano spazio nel caldo e nel (relativo) vuoto delle sale. Proviamo a vedere le nostre alternative all'ombrellone.
Un amore di gioventù
Cosa c'è di più appassionato, dolce e allo stesso tempo lacerante di un amore adolescenziale? Nulla e, infatti, “il primo amore non lo scordi mai” per la regista Mia Hansen-Love non è solo un modo di dire, ma quasi una maledizione. Camille ha 15 anni e Sullivan 19, vivono un'estate caldissima insieme, finché lui decide di partire lasciando lei nel dolore tipico di chi perde il bene più prezioso, il sentimento più puro e innocente. Si taglia i capelli cortissimi, diventa silenziosa e malinconica, ma alla fine ce la fa. Perché al di là del sostrato di tristezza che può lasciarti lo spezzarsi di un legame così, a tutto si sopravvive. Quell'amore, però, può tornare, magari proprio mentre tu hai trovato equilibrio e felicità. Una storia quasi banale, che la Hansen-Love, però, racconta con delicata maestria, con gusto estetico e profondità sentimentale. E quella che poteva diventare un'opera giovanilistica, leziosa e stucchevole, diventa una parabola sentimentale di rara efficacia. Straordinaria Lola Créton, in questo film le marce in più sono tutte al femminile
Marley
Siete abituati a pensare al re del reggae Bob Marley nell'iconografia folkloristica e rasta che, a dirla tutta, lui non ha mai rifiutato: cappello multicolore, dreads (le tipiche trecce spesse dei “rasta”), magari una canna. Ma quel grande uomo morto troppo presto a causa del male più ingiusto e infame, era anche molto altro. E per scoprirlo ci voleva qualcuno con grande personalità. E, infatti, la garanzia migliore di questo documentario è proprio il suo regista, quel Kevin Macdonald, talento nella fiction e nel cinema della realtà ma, soprattutto, perfetto ritrattista e biografo. In “Marley” veniamo investiti da musica e canzoni, ma anche dalla filosofia di chi vive il suo idealismo con una purezza e una coerenza rare. E, oltre al guru, però, c'è anche l'uomo, le sue donne e i suoi figli, le sue contraddizioni e le sue parole, in un mix che ci portano fuori dal tempo, a contatto con il mito. Macdonald è riuscito a entrare nell'archivio Marley - mai la famiglia aveva concesso l'uso di esso così liberamente - e si smarca sia dalla mitopoiesi di amici e seguaci che dalle versioni contrastanti delle mogli, quasi tutte tradite e arrabbiate. E non si sogna neanche di seguire Bob, che amava mischiare le carte, da adorabile bugiardo e fine “politico”. Ne esce un ritratto diverso e agiografico che piacerà agli appassionati (come chi scrive) e appassionerà chi non lo conosce.
Qualche nuvola
C'è un pessimo vizio nel cinema italiano: spolpare i filoni redditizi, portare a consunzione i generi che hanno portato spettatori al botteghino. Funziona per un po', poi arrivano i famosi film fuori tempo massimo. Qualche nuvola è uno di questi: il pur volenteroso Saverio Di Biagio si ritrova per le mani una storia terribilmente esile e un cast buono, ma male utilizzato. Se la cavano persino bene Michele Alhaique e Greta Scarano, è funzionale ed efficace Aylin Prandi, sono azzeccate le illustri partecipazioni, da Colangeli a Germano, passando per un Michele Riondino prete molto divertente. Ma tutto sembra già visto, tutto sembra già vecchio mentre lo vedi. E a poco vale il tentativo di metterci dentro il disagio di classe, il sapore di commedia sentimental-giovanilistica non se ne va e tutta questa qualità si annacqua in una mediocre banalità. Lo sforzo di andare oltre si ferma sempre sul più bello e a volte - come nel pestaggio tra donne - si cade nell'umorismo involontario. L'impressione, insomma, è che la squadra ci sia, ma che gli schemi siano tutti sbagliati.
Babycall
Si fa fatica a stroncare un film come questo. Si soffre perché quando l'argomento è importante come quello della violenza domestica è impossibile non dubitare della propria severità. Se poi la sofferenza di una donna e di una madre ha il volto bello, spigoloso e dolente di Noomi Rapace, rischi di farti sviare dal reale valore della pellicola. E, nonostante questo, però, va detto: “Babycall” è, fantozzianamente parlando, una boiata pazzesca. Proprio perché dopo averci portato in un dramma familiare, dopo averci dato uno spunto di suspense niente male - il babycall, appunto, che ha un'interferenza sospetta - il film si scioglie come neve (norvegese) al sole. Diventa quasi imbarazzante la prevedibilità di uno psycothriller in cui gli elementi non si intrecciano, ma vengono messi in fila con scolastica svogliatezza, si ride quando si dovrebbe tremare, l'interessante vortice in cui dovrebbe crollare la madre e affogare suo figlio è un innocuo mulinello di cui si può anticipare ogni movimento. E, dopo venti minuti, sai già tutto quello che devi sapere. E tutto il resto è noia.
The addiction
Raro Video prosegue a presentarci l'Abel Ferrara migliore in dvd, quello intriso di religiosa rabbia e riflessioni profonde. Qui il regista usa la metafora del vampiro come ponte verso la depressione del mondo moderno, come costruzione della filosofia nichilista e dolorosa su cui ormai poggia la nostra società e soprattutto il capitalismo vorace e rapace che ci sta erodendo. Abel, questo, lo diceva a metà anni '90, con un cast d'attori straordinario di cui siamo felici di ricordare un mostro sacro come Christopher Walken. Più vicino a “Intervista col vampiro”, ovviamente, che all'irritante “Twilight”, è un film da non perdere. Anzi, è da vedere più volte.
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