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Aiuti ai bisognosi

Il successo dei Charity Shops in Gran Bretagna

Mer 25 Lug 2012 | di Serena Marchionni | Londra

I Charity Shops, ovvero i negozi di carità, rappresentano un’antica istituzione nel panorama commerciale della Gran Bretagna. Si tratta di negozi o piccole botteghe che fanno quasi sempre capo a grandi associazioni di carità, con scopi differenti (per la ricerca sul cancro, sulle malattie cardiovascolari, sull’HIV, per il supporto dei senzatetto) e rivendono oggetti usati di ogni tipo. In Italia la consuetudine è quella di regalare abiti o oggetti usati alle associazioni di carità, che poi si occupano del loro smistamento; mentre in Gran Bretagna, quando si vuole dar via qualcosa, si va principalmente ad un Charity Shop. Il meccanismo è molto semplice. Di solito si viene registrati in un database come donatori, ottenendo anche un piccolo sgravio fiscale, e poi il Charity Shop si occupa di verificare gli oggetti, gli abiti usati  e li rimette in vendita nel negozio. Il ricavato della vendita dell’oggetto va all’associazione di carità, che poi distribuisce i proventi in base agli scopi prefissi.

La crisi alimenta il settore. 
I Charity Shops hanno registrato una crescita enorme nel volume d’affari, poiché la classe media ha dovuto ridimensionare le spese, a causa della crisi e delle spese crescenti. I ricavi annuali dei Charity Shops britannici hanno raggiunto la cifra impressionante di un miliardo di sterline, con un incremento del 34% rispetto al 2010, secondo un recente reportage. Almeno un milione di consumatori appartenenti alla classe media ha modificato le proprie tendenze d’acquisto e hanno acquistato un articolo in un Charity Shop da giugno 2011.
Secondo un sondaggio dell’associazione commerciale dei Charity Shops (CRA), un cliente su quattro ha subìto dei tagli negli assegni familiari e ha, quindi, indirizzato gli acquisti in questi negozi di merce usata. Inoltre, 1/3 delle madri intervistate ha confermato l’intenzione di continuare ad acquistare in futuro in questo tipo di negozi e auspica di trovare sempre più prodotti. D’altro canto, però, per effetto della crisi si è registrato anche un calo delle donazioni. Uno su cinque ha dichiarato di aver iniziato a vendere i propri vestiti anziché donarli ai Charity Shops e questo sta generando una crisi tra domanda e offerta all’interno del sistema. Dunque ci sono più compratori, ma meno donatori. Ecco perché Warren Alexander, direttore esecutivo del CRA, ha lanciato un appello, ricordando alla popolazione britannica che oggetti e abiti inutilizzati potrebbero valere un altro miliardo di fatturato e quindi di aiuti per i Charity Shops, che possono cosi finanziare azioni utili su vari fronti. La loro popolarità sta aumentando cosi vertiginosamente che le principali associazioni di carità stanno programmando l’apertura di numerosi punti vendita in tutto il paese, anche perché questi negozi possono contare su cospicui sgravi fiscali e quindi risparmiare circa il 20% di tasse rispetto ai normali esercizi commerciali.

 


Clienti fedelissime, le mamme con bimbi piccoli
Dal sondaggio del CRA è emerso che tra i clienti più fedeli ci sono proprio le mamme con bimbi piccoli. La crisi ha infatti ridotto il potere d’acquisto delle famiglie e le mamme acquistano sempre più giocattoli, libri per i propri figli, oltre a capi di abbigliamento di tutti i generi. Le mamme amano passare del tempo nei Charity Shops, anche perché costituiscono un’alternativa ai grandi magazzini e offrono merce sempre diversa. I Charity Shops sono dei veri e propri bazaar dove, oltre agli indumenti, si possono trovare suppellettili, mobili e articoli ricercati e particolari o addirittura abiti da sposa.


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