acquaesapone Attualità
Interviste Esclusive Viaggi Editoriale Inchieste Io Giornalista TV/Cinema A&S SPORT Zona Stabile Rubriche Libri Speciale Cannes

Facebook e la trappola del porno

Una bionda mozzafiato ti chiede amicizia. Adescamento hot, poi l’amara sorpresa…

Ven 02 Ago 2013 | di Claudio Cantelmo | Attualità
Foto di 2

Social network, un mondo che ha conosciuto in pochissimo tempo un’estensione senza pari. Un universo dalle forme a volte tentacolari, che però indubbiamente ha accorciato distanze, favorito incontri professionali e di relazione, di amicizia, a volte anche sentimentali. La ricerca dell'anima gemella su internet ha sostituito con successo amplificato le vecchie agenzie matrimoniali e gli annunci d'incontro sulle riviste locali. I fatti parlano: il dating online, questo il nome in gergo dello scovar partner sul web, è passato da un'esistenza di nicchia a vero e proprio fenomeno sociale e di mercato. In Italia il numero di single iscritti a siti specializzati è passato dai meno di 100.000 dell’anno 2000 ad oltre 5.500.000 nel dicembre del 2012, ed il 26% dei cuori solitari, secondo TNS/Emnid (uno dei maggiori istituti demoscopici della Germania), ha trovato tramite social e portali un partner fisso e una relazione stabile e soddisfacente. Insomma, se nell’era virtuale nascono più rapporti di coppia sul web piuttosto che in bar e discoteche, esistono tuttavia aspetti pericolosi e controversi connessi soprattutto a chi in rete cerca incontri occasionali e fugaci. Il rischio è cadere nella trappola di coloro i quali, offrendo il miraggio di facili incontri, mira a perpetrare ricatti a sfondo sessuale. 

IL RAGGIRO 
Le trappole hanno quasi sempre le sembianze di ragazze bellissime. Nessuna di loro, però, esiste realmente: sono falsi profili creati dai social network, da Facebook a Meetup, passando per Badoo. In vetrina anche molti uomini dai fisici scultorei, specchietti per donne sole o gay. La notifica sulla richiesta di amicizia s’illumina sul vostro profilo e a bussare è una sventola bionda, magari con occhi azzurri e labbra carnose. Non parla molto bene italiano, ma la sua avvenenza e il suo fare esplicito, oltre le foto sul profilo, sembrano farsi capire più di qualsiasi idioma. Tutto semplice e bello, l’amicizia viene corrisposta e via subito ad una bella chiacchierata in chat, nel corso della quale dalle parole si passa ben presto ai fatti. La ragazza chiede di accendere la webcam e, altrettanto velocemente, avviene la seduzione: dalle frasi ammiccanti si passa a un corteggiamento sempre più hard. Dall'altra parte dello schermo non c'è la Natasha o la Svetlana sperata, ma un uomo, appartenente a un'organizzazione internazionale specializzata in estorsioni, che mostra una serie di immagini preconfezionate e che nel frattempo è riuscito a convincere la sua preda dall'altra parte dello schermo a mostrarsi in atteggiamenti e adottare un linguaggio che lasciano ben poco spazio all'immaginazione. e così è entrato in possesso di due elementi preziosissimi: un video pornografico e, attraverso l’amicizia, l'elenco dei contatti Facebook della sua vittima, ai quali il materiale scottante potrà essere inviato. L’alternativa è pagare: il prezzo del silenzio si aggira generalmente sui mille euro. 
È una storia che si ripete quasi ogni giorno nelle città italiane, dove i tentativi di estorsione attraverso i social negli ultimi anni hanno subito un'impennata, proprio perché dietro questo fenomeno si trovano gang ben strutturate. 
I criminali del web si spostano velocemente: mascherano gli indirizzi delle connessioni per depistare e si mimetizzano cambiando continuamente paese. Fermarli? Mica semplice: bisogna prima convincere le vittime a vincere la vergogna. Per capire basta dare un'occhiata ai numeri: in un anno le denunce alla polizia postale italiana sono state solo 46. Non arrivano a cento se si sommano a quelle prese in carico dagli altri reparti investigativi quali Carabinieri e Guardia di Finanza. Troppo poche per non far pensare che il più delle volte le vittime paghino e poi tacciano facendo il gioco di organizzazioni che con queste somme si autofinanziano reinvestendo poi in altre ramificazioni del crimine informatico, come il phishing (le truffe bancarie via web), le clonazioni di carte di credito ed anche la pedopornografia.    


Condividi su: