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Nathan Fillion: Il fascino dello scrittore

Istrionico, sornione e irresistibile: Nathan Fillion, così come il suo “Castle”, non smette mai di stupire

Ven 24 Ott 2014 | di Alessandra De Tommasi | TV/Cinema
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Il suo giubbotto antiproiettile con la scritta “writer” (scrittore) anziché “police” (polizia) è diventato un cult dei telefilm crime, “Castle” (in onda su Rai Due e FOX) ha rinnovato un intero genere puntando totalmente sulla forza del suo interprete, Nathan Fillion. Difficile competere con  “C.S.I.”? Non per lui, che come un prestigiatore tira fuori da un cilindro sorprese sempre nuove. Il trucco c’è, ma non si vede: sembra tutto frutto dell’improvvisazione, ma niente potrebbe essere più lontano dalla realtà. Ogni mossa dell’attore canadese, sul set e fuori, è frutto di uno studio sapiente e di una meticolosa preparazione. Anche quando attraversa il red carpet, di manifestazioni prestigiose come il Monte-Carlo TV Festival, ostenta sicurezza, mantenendo un controllo assoluto della situazione. Se un fan gli chiede una foto, ad esempio, gli sfila cellulare o macchinetta di mano per fare il “selfie perfetto”, quello che lo riprende dall’alto, snellendo la figura e mettendo in risalto la sua presenza scenica.

Dopo tutti questi anni sentirà “Castle” come una sua creatura…
«Avverto ancora tutta la responsabilità delle scelte fatte e ricordo perfettamente l’emozione di essere stato il primo attore ad essere scritturato. È come aver visto nascere il progetto, ero presente dall’inizio, inclusi i provini dei miei colleghi. Quando Molly Quinn, che interpreta mia figlia Alexis, è entrata nella stanza dell’audizione ricordo di aver pensato: “Wow, questa ragazza è assolutamente perfetta”. Quando c’è sintonia lo capisci dal primo istante».

Com’è nata l’alchimia tra Castle e Beckett?
«Basta guardare Stana Katic per capire che riuscirebbe a rendere credibile una scena d’amore persino se recitasse accanto ad un sasso. Sin dall’inizio io e lei ci siamo divertiti molto sul set insieme e sono convinto che questo legame lo spettatore lo percepisca».

Con quale metodo si è documentato?
«Sono stato meticoloso e pignolo nel trascrivere anche il più piccolo dettaglio degli arresti veri a cui ho assistito per prepararmi al ruolo. Annotavo tutto, persino i riferimenti al panino al prosciutto (ride - ndr)».
 
Quale motivazione la spinge, dopo tanti anni, a mantenere alto l’entusiasmo sullo stesso set?
«Nella mia professione, come nella vita in generale, cerco di darmi degli obiettivi e di essere sempre esigente con me stesso. Capisco di essere sulla rotta giusta quando faccio qualcosa che mi piace, mi appaga e mi fa star bene. Con “Castle” continua a succedere».

Vive con l’ossessione degli ascolti?
«Essendo fuori dal mio controllo e dalla mia portata, li ignoro e basta».

Su cosa si concentra?
«Su tutto ciò che posso cambiare e migliorare attraverso le mie scelte. Uno dei miei mantra è “prendere una decisione è facile, prendere la decisione giusta è difficile”».

Come ha deciso, allora, di diventare attore?
«È stato un processo lungo ed elaborato. Tutta colpa della mia pigrizia. Da bambino i miei genitori mi hanno fatto sperimentare di tutto per trovare qualcosa a cui potessi appassionarmi, ma solo a 19 anni ho capito che la mia strada sarebbe stata la recitazione».

Se un telefilm cult come “Big Bang Theory” fa un riferimento a lei come ad un’icona pop della cultura fantasy vuol dire che ha ottenuto una consacrazione ufficiale. Che effetto fa?
«Io mi considero un nerd, adoro i fumetti e la fantascienza e non potrei che considerarlo un onore».

Cosa le piace di Richard Castle?
«La sua imperfezione: si comporta spesso come un idiota, a volte di proposito, perché fa quello che gli pare e anche quando sbaglia a me piace. Pensa di essere figo, ma proprio in quel momento non lo è affatto. Con lui ho l’atteggiamento di una mamma che asseconda il suo bambino e gli vuole bene così com’è».

C’è una tua breve apparizione che ricorda con particolare affetto?
«Dana Delany, con cui ho lavorato in “Desperate Housewives”. È una donna deliziosa e un’incredibile professionista, quindi spero davvero di cuore d’incrociarla su altri set in futuro». 

Perché di Nathan Fillion si sa così poco?
«Spero non vi dispiaccia se il mio privato lo tengo per me, dopotutto lo faccio anche per voi: non è poi così interessante…».                   

 


UN’ICONA TV
Il canadese Nathan Fillion, classe ’71, è considerato un’icona dell’universo fantasy (a puntate e non). Merito di Joss Whedon, il “papà” di “Buffy l’ammazzavampiri” che l’ha voluto con sé anche in “Serenity”, “Much Ado About Nothing” e “Firefly”, oltre che nella webserie “Dr. Horrible’s Sing-Along Blog”. Negli anni ha ripagato il pubblico fedele e appassionato con simpatia e disponibilità, mentre ha collezionato le esperienze professionali più variegate, dal doppiaggio di “Monsters University” all’impersonificazione della divinità greca Ermes in “Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo – Il mare di mostri”. Di recente ha sorpreso i fan con un cameo nel blockbuster “I guardiani della galassia”, dove interpreta un detenuto della bizzarra prigione aliena. Ormai da sette stagioni, però, la sua “casa” è rappresentata dal telefilm “Castle”, dove interpreta un eccentrico scrittore di gialli con il pallino delle investigazioni reali accanto alla Polizia di New York. Sul campo s’innamora del detective Kate Beckett, interpretata da Stana Katic.

 


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