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Perdersi a Parigi

A passeggio per la capitale francese senza seguire i percorsi tradizionali, tra cantanti improvvisati, bistrot, macaron e le ostriche del Baron Rouge

Lun 30 Mar 2015 | di Angela Iantosca | Mondo
Foto di 22

Ad Angela piace camminare sotto la pioggia parigina, perdersi tra i vicoli, entrare nei locali più nascosti dalle porticine misteriose, fermarsi ad ascoltare musicisti improvvisati che ti raccontano la Francia cantando. E poi gustare una crepe passeggiando per Montmartre, sedersi su una panchina in un parco e osservare la gente, scegliere un bistrot e gustare un dolce, scoprire la Torre Eiffel in ogni angolo della città, mangiare le ostriche la domenica al Baron Rouge e lasciarsi sopraffare dalla grandezza dei palazzi. Guardare le punte dorate delle ringhiere che cingono i parchi, andare a una mostra in una vecchia stazione, lasciarsi abbagliare dalle luci del quartiere latino, ritrovarsi con il naso all'insù per ammirare Notre Dame, spalmare il formaggio sul pane caldo, entrare in un bar e comprare un croissant, osservare i comignoli sui tetti, scoprire che i francesi sono ospitali, cercare il bar dove lavora Amelie!
È questo il miglior modo di trascorrere dei giorni a Parigi: senza guide, senza idee, ma liberi di seguire le emozioni che una città come la capitale francese sa provocare. 

SI PARTE!
Partenza ore 4,30... della mattina! Abbiamo prenotato il primo aereo per non perdere neanche un minuto di quella atmosfera. Un'ora e cinquanta di volo e atterriamo a Parigi. L'aeroporto della Ryan Air (prenotando in anticipo, ho speso solo 20 euro a tratta!) è Parigi Beauvais, a circa un'ora e trenta dalla città. Un po' scomodo, lo ammetto, ma ad aspettarci in aeroporto c'è la navetta che ci porta a Porte Maillot, fermata della metro a poche centinaia di metri dall'Arco di Trionfo. Lasciamo le valige in albergo e ci avventuriamo nella città. L'aria è tersa, il cielo coperto, la gente passeggia con rilassatezza. Poco traffico lungo le strade ampie e una fermata della metro ogni 500 metri. I bistrot sono affollati di parigini che chiacchierano, di donne che gustano un tè, di uomini in pausa pranzo che discutono d'affari. Ci facciamo attrarre da un bar, uno di quelli con i tavolini all'esterno. Ordiniamo due caffè espresso, una bevanda alla quale vi consiglio di rinunciare per qualche giorno: è carissimo (si va da 1.30 a 12 euro) e mai corto. Lasciato il bar, passeggiamo lungo gli Champs-Élysées. Negozi e gallerie su entrambi i lati. Impossibile non notare che i negozi sono raggruppati per “argomento”: qui troviamo soprattutto articoli legati al mondo delle moto e tutte le marche possibili di motociclette. Arriviamo all'Arco di Trionfo che domina al centro della piazza con la fiamma sempre accesa in ricordo del Milite ignoto. Proseguiamo nella nostra passeggiata alla scoperta della città fino ad arrivare al Palazzo Reale. È qui che ci ricordiamo di quanto accaduto a gennaio, quando la capitale francese è stata posta sotto assedio da alcuni terroristi. Infatti, vicino al Palazzo, ci sono tre militari con il mitra. Una scena rara che ritroveremo solo nella zona della Moschea e poi alla Torre Eiffel. Parigi, nonostante ciò che è accaduto, non è una città presidiata. Di tanto in tanto trovi un cartello o uno striscione che ricorda che siamo tutti Charlie Hebdo.

LA METRO
Una rete di gallerie e metro vi porta in ogni angolo della città. A seconda dei giorni che decidete di rimanere, procuratevi un abbonamento diverso. Noi abbiamo optato per quello valido due giorni all'interno della città: costo 18,15 euro. Nonostante sia una metropoli enorme, multietnica, Parigi dà un senso di sicurezza che non si prova, per esempio, in una città come Roma: nessuna bancarella fuori posto, pochissime persone con le mani tese in cerca di elemosine. Non c'è spazio per tutto questo in una città che emana bellezza.

SGUARDO VERSO IL FUTURO
Pulizia, modernità, rispetto del passato, tradizione, apertura mentale, Parigi è una città multicolore in cui le diverse etnie sembrano convivere, in cui il diverso colore della pelle non sembra stupire nessuno. Ciò che penso, mentre passeggio per quelle strade, in un'atmosfera che non può essere scalfita neanche dalla pioggerella, è la differenza con l'Italia, penso al diverso sguardo che contraddistingue noi italiani rispetto ai francesi. Penso a quella proiezione in avanti che ritrovi nella piramide trasparente al Louvre, nel Grand Arche de la Defense che richiama e spinge in avanti l'Arco di trionfo, nella Torre Eiffel, uno dei luoghi più visitati della capitale, che mai sarebbe realizzabile in Italia. Penso al nostro ripiegamento sul nostro passato e all'incapacità di sfruttarne le potenzialità. Roma, come la Grecia, ancorata ad un passato che potrebbe essere una risorsa, un punto di forza, un patrimonio unico da sfruttare e che invece diventa zavorra che ci trascina indietro. 

GRAND ARCHE: LA PORTA SUL FUTURO
Mentre pensiamo e camminiamo arriviamo al Grand Arche de la Defense, una struttura alta 110 metri, all'interno della quale ci sono addirittura degli uffici e sotto i cui pilastri vi è un centro commerciale. Tradizione, cultura e innovazione. Questa è Parigi: accanto al Louvre trovi il centro commerciale che non è un cubo nel deserto, come sono i grandi centri commerciali delle nostre città. È una realtà nella realtà, perfettamente integrato e in armonia. Come lo è il Centro Pompidou, fatto costruire negli anni Settanta su progetto dell’italiano Renzo Piano e dell’inglese Richard Rogers, per realizzare un centro culturale in cui potessero incontrarsi le molteplici manifestazioni della produzione artistica contemporanea. Dall'alto osserviamo i tetti della città e la piazza che accoglie artisti di strada. È qui vicino che ho mangiato la mia prima crepe, in gita scolastica, 20 anni fa...

L’IMPRESSIONISMO, UNA CREPE E IVAN AVEKI CHE CANTA LA FRANCIA
Dopo una colazione a base di croissant, cappuccino (6 euro) e pianta della città per decidere dove andare, ci muoviamo alla volta del Sacro Cuore che con la sua massa bianca è divenuto un simbolo della città oltre a dominarla da ogni punto. Dopo la Tour Eiffel, luogo più alto della città, la chiesa è stata costruita dai cattolici francesi nel 1870. Inizialmente non particolarmente apprezzata dagli abitanti di Montmartre, tanto da chiamarla la “Santa Meringa”, oggi è uno dei luoghi più apprezzati. Per raggiungerla si devono salire 300 scalini oppure potete prendere la comoda funicolare. Una delle particolarità è il materiale con il quale è stata costruita: si tratta di una pietra di Chateau-Landon, che sprigiona, se va a contatto con l’acqua piovana, la calcina, una sostanza bianca che bagna l’intero edificio. Questo significa che più piove e più la Basilica diventa candida e pura. Dopo una visita all'interno, ci lasciamo trasportare dalle atmosfere del quartiere degli artisti. Attraversiamo una stradina, alla sinistra della chiesa, e arriviamo nella piazzetta Place du Tertre. Mi fermo in un angolo ad osservare. Artisti seduti, turisti che si fanno ritrarre, gli alberi spogli, un musica lontana. Sembra un quadro impressionista. Ogni tanto un raggio di sole illumina un particolare. Ci fermiamo in un locale che ci attira per la vetrina dalle piccolissime dimensioni da cui si intravede un uomo dall'aria allegra che prepara crepe. Entriamo: odore di dolci e zuppe salate ci investe, i soffitti bassi, la luce soffusa e centinaia di biglietti attaccati alle pareti per ricordare il passaggio di ognuno. Anche io lascio un pensiero attaccato a quelle pareti prima di uscire. Perdiamo il contatto con il tempo. Ordiniamo due crêpe: una zucchero e cannella e l'altra con il miele. Mentre aspettiamo e osserviamo il cameriere che cucina muovendosi con maestria nel piccolo spazio della cucina, non possiamo non notare un uomo con la chitarra che di lì a poco comincia a cantare. Si chiama Ivan Aveki e con la sua voce e la sua chitarra ci fa vedere Parigi, la Senna e la Francia.  

IL PANE PIU' BUONO DEL MONDO
Lasciamo quelle note e ci perdiamo per i vicoli del quartiere, a caccia del bar nel quale lavora Amelie, “Café des 2 Moulins”, al numero 15 di rue Lepic. Su qualche vetrina si legge che lì è stato vinto il premio per miglior baguette, perché per i parigini quel tipo di pane è una istituzione, uno status symbol, da portare sottoascella come un giornale e da sbocconcellare durante il tragitto. È per questo – forse – che le buste che le contengono sono sempre più piccole della lunga baguette. Semplici o farcite, sono il miglior pasto possibile. Se entrate in un forno, comunque, sono innumerevoli i prodotti che possono attirare la vostra attenzione, come i macaron, dei biscottini multicolori. Ma se potete scegliere, sugli Champs-Élysées entrate da Ladurée. Entrare lì vi darà la sensazione di essere dentro un film di età napoleonica: gli specchi, i lampadari e quei dolcetti friabili all'esterno e morbidi all'interno vi renderanno sopportabile il loro costo: 1,50 euro l'uno.
Ma anche il resto della cucina francese è meritevole d'attenzione, a cominciare dalla soupe à l'oignon, la zuppa di cipolle (che appena tornata a casa ho immediatamente riprodotto)! Perché non è solo un insieme di cipolle, ma una vera poesia che richiede cura nella sua preparazione: ci vogliono ottime cipolle dorate, brodo di pollo, vino per sfumare e una volta ottenuta la zuppa, emmental grattugiato e pezzettini di baguette abbrustoliti da arrostire con una fiamma! Ma oltre alla zuppa dobbiamo ricordare la quiche lorraine, le omelette... Un consiglio: poiché l'acqua costa molto, quando andate al ristorante chiedete quella del rubinetto che è ottima (consigliata sulle guide) e soprattutto gratuita!

PIGALLE E I SUOI BALLI 
Non possiamo non avventurarci nel quartiere Pigalle, così vicino a quei vicoli con i ciottoli lisci e le case dalle porte strette. L'atmosfera cambia e cambia anche la gente e cambiano i negozi e i prezzi. Il quartiere si fa più sporco, la merce più scadente, una sequela di locali a luci rosse e sexy shop illuminano la strada. In mezzo a loro il Moulin Rouge, con la sua ruota e le foto delle ballerine più belle del mondo che ogni sera, dalla fine del 1800, portano in scena balli intramontabili.

TAPPA OBBLIGATA AL BARON ROUGE
Metti una domenica a Parigi. Una passeggiata lungo la Senna, un sole pallido, le sciarpe annodate, quel silenzio composto di certi giorni di festa e la musica che proviene da qualche giostra. Metti la compagnia giusta e la voglia di integrarti con la gente del posto. Cosa manca? Solo un luogo perfetto dove degustare ottimo vino, ostriche e formaggio in attesa del pranzo... et voilà ecco a voi il Baron Rouge. Volete sapere dove si trova? Quartiere della Bastiglia, vicino ad un mercato di frutta e verdura! Tutti lo conoscono, perché è il luogo in cui si riuniscono i (veri) parigini anche con figli al seguito. Ed è talmente rinomato per la qualità dei suoi piatti che i giovani sono disposti ad appoggiarli anche sulla spazzatura! Mentre all'esterno del locale c'è chi prepara le ostriche (un piatto abbondante 18 euro), all'interno al banco si ordinano paté, formaggi e soprattutto vino... Una delizia. Al bancone il cameriere si sforza di parlare italiano. Alcuni avventori, vedendoci, chiedono di fare una foto insieme. La signora che prepara le ostriche ne spiega la provenienza e ne esalta la freschezza. Ordinare l'acqua è un affronto... ti guardano con tenerezza quando non accetti l'offerta alcolica. Il vino viene versato dalle bottiglie, ma anche direttamente dalle botti. È un cicaleggio continuo e un movimento di piatti che vengono portati al di sopra delle teste dei numerosi clienti. Lasciato il Baron ci dirigiamo verso il Louvre, passeggiamo su quel rettilineo e finiamo nei parchi dove la gente cammina serena e a volte si ferma sul bordo di laghetti artificiali dove ci sono delle sdraio. Qualcuno fuma (pochi), i bambini corrono in questo ambiente ovattato. Li osservo e penso quanto debba essere stato forte ciò che è accaduto a gennaio, in quella città che sembra intoccabile e protetta da un mantello che la rende immune alla violenza. Anche noi ci facciamo parigini e anche noi ci stendiamo lì a goderci i pochi raggi di sole avvolti nei nostri cappotti. I gabbiani volano sulle nostre teste. Perdiamo la cognizione del tempo. Chiudiamo gli occhi e respiriamo quell'aria tersa e fredda. Non mi sento straniera, perché Parigi è così: ti accoglie, ti rapisce e vorrebbe trattenerti. Quando la incontri la riconosci come la tua città, quella che vorresti fosse nel tuo quotidiano, con quei comignoli, il Museo D'Orsay sulla Senna, i caffè, l'odore di dolci appena sfornati, la musicalità della lingua.  
         
 

 
LA STATUA DELLA LIBERTÀ... DI PARIGI
Lo sapevate che a Parigi c'è una statua della Libertà? È la sorella minore (quella francese è alta 11,5 metri e quella americana 93) di quella di New York che (udite udite) è stata realizzata da Eiffel (quello della torre). Mentre quella americana fu donata dai francesi agli americani nel 1886 in occasione del centenario della Dichiarazione di Indipendenza, la statua parigina fu un regalo che gli americani fecero ai francesi nel 1889 per commemorare il centenario della Rivoluzione francese. Per vederla bene, potete fare un giro sulla Senna: la statua si trova vicino al ponte Grenelle sull’Allée des Cygnes.


 

LA TOUR EIFFEL... GREEN
La Tour Eiffel è sempre più “green”: la società che gestisce il più visitato monumento a pagamento al mondo, la Sete, ha infatti annunciato di aver completato l’installazione di ben due pale eoliche sulla “dama di ferro”.
Alte sette metri l’una e realizzate con materiali in grado di garantirgli una perfetta mimetizzazione, queste saranno capaci di produrre energia per 10mila kilowattora l’anno. La Tour Eiffel ogni anno “brucia” qualcosa come 6.7 Gwh, ovvero quanto più o meno una città di 3mila abitanti. Oltre alle pale eoliche va menzionata l’illuminazione totalmente Led di cui è dotata la Torre, i pannelli solari situati su uno dei quattro padiglioni della base, il sistema di raccolta dell’acqua piovana e le numerose pompe di calore attive per quasi tutta la durata del giorno.

 


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