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Fare, felicità, futuro: le tre f dei giovani italiani

Il Rapporto Giovani 2016 analizza i sogni dei ragazzi italiani a confronto con i coetanei europei: come sono cambiati e quando diventano adulti

Mar 31 Mag 2016 | di Angela Iantosca | Media
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Cosa sognano i giovani italiani? Sono bamboccioni come qualche anno fa qualcuno ha voluto far credere o ci sono elementi oggettivi di impedimento ad una piena realizzazione di sé? Cosa rende più complicata la vita dei ragazzi italiani rispetto a quella dei coetanei stranieri? Il Rapporto Giovani 2016, realizzato dall’Istituto Toniolo di Milano, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo, ci racconta una Italia giovane che arranca, ma che non rinuncia ai sogni e a tre “f” fondamentali: il fare, la felicità e il futuro. Sono questi gli obiettivi che nella vita si prefiggono i ragazzi (ma chi non li desidererebbe?), nonostante la difficoltà di arrivare facilmente all'età adulta. In Italia, infatti, diventare autonomo dai genitori, formarsi una famiglia e mettere al mondo il primo figlio sembra davvero più complicato che altrove. Se da noi, infatti, l’età mediana di uscita dalla famiglia di origine è attorno ai 30 anni, nei paesi scandinavi, in Francia, Germania e Regno Unito è inferiore ai 25!
Secondo Eurostat, in Italia meno del 12% dei giovani vive in coppia tra i 16 e i 29 anni, mentre la media europea è del 24%, motivo per cui, con la Spagna, siamo il paese con più bassa fecondità realizzata prima dei 30 anni.

9.000 GIOVANI PRESI IN ESAME
Ma come si è arrivati a definire la situazione italiana? Grazie ad una ricerca che è partita nell’autunno 2015 e che ha preso in esame 9.000 giovani tra i 18 e i 32 anni. I temi trattati sono stati: lavoro, felicità, istituzioni, Europa e figure di riferimento. Ciò che si evidenzia è, da una parte, la situazione penalizzante, ma dall'altra la voglia di esserci, di fare esperienze positive, di cogliere opportunità che dimostrino che un futuro diverso è possibile. Cosa determina tutto ciò? Un senso di frustrazione dovuto alle potenzialità di ognuno e alla reale possibilità di realizzare se stessi. 

POSITIVI NONOSTANTE TUTTO
In Italia 3 intervistati su 4 ritengono che nel nostro paese le opportunità offerte siano inferiori rispetto alla media degli altri paesi sviluppati, mentre si scende a meno di 2 su 3 in Spagna, a meno di 1 su 5 in Francia e Gran Bretagna, e meno di 1 su 10 in Germania. Motivo per il quale sempre più giovani italiani sono disposti a cogliere opportunità di lavoro fuori dal nostro Paese. Eppure, dalla negatività i giovani cercano di trarre dei vantaggi, provando ad adattarsi: il 55% degli intervistati considera infatti la capacità di adattarsi l’elemento più utile per trovare lavoro, seguito dalla solida formazione di competenze avanzate (20,1%) e solo al terzo posto il titolo di studio (15,1%). Non basta più solo arrivare al diploma o alla laurea, ma è necessario negli anni migliorarsi, per essere competitivi in modo da avere un lavoro. Perché – come pensa il 91% degli intervistati – solo lavorando si può essere liberi. Per l'88% dei ragazzi lo stipendio serve per affrontare il futuro e per l'87,5% per costruire una famiglia. Per l'85% il lavoro è una forma di autorealizzazione. 

NEET: POCO SPERANZOSI
Sul futuro hanno dei dubbi soprattutto coloro che si trovano nella condizione di Neet, cioè coloro che non hanno lavoro e che non sono neanche impegnati nello studio: il 78% di loro vede il futuro pieno di rischi, contro il 72% di chi studia o lavora. Chi vede meno grigio il futuro è soprattutto chi ha un lavoro a tempo indeterminato (65%). Inoltre, il 71% dei Neet ritiene che gran parte delle persone non sia degna di fiducia, contro il 66% di chi studia o lavora (si scende a 63,5% tra chi ha un lavoro a tempo indeterminato).

POCHI FIGLI... REALI
Poche certezze, pochi figli! Infatti il numero di figli idealmente desiderato supera mediamente i due, ma sono di meno quelli che concretamente vengono messi al mondo: circa 1,5 figli a testa. Ovviamente, da qui ai prossimi tre anni, la scelta di avere un figlio dipende tutta dalle condizioni lavorative. Con delle diversità tra Sud e Nord: nel primo caso si ha maggiore intenzione di avere un figlio, ma minori possibilità di averlop. Ma il problema non è solo avere o meno un lavoro: molto dipende anche dalla qualità del lavoro e dalla stabilità di reddito. A metterci lo zampino, in senso negativo, anche la famiglia italiana che ha una influenza maggiore sui giovani rispetto a Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, sia sul percorso di studio dei figli che sul lavoro e sulla carriera professionale. Si accentua quindi il modello italiano di dipendenza economica e di protagonismo della famiglia sul percorso di transizione all’età adulta dei giovani. Una influenza che rischia di far ritardare l’assunzione di un ruolo di piena cittadinanza, responsabile, attiva e consapevole dei giovani italiani. Ma, accanto a chi si è ripiegato su se stesso, molti hanno compreso la necessità di dar vita a esperienze concrete utili a migliorare la conoscenza della realtà in cui si vive e a migliorare la propria capacità di intervenire positivamente su di essa. In che modo? Per esempio, con il volontariato e il servizio civile, che sono considerate palestre importanti per migliorare allo stesso tempo il contesto sociale in cui si vive e arricchire competenze utili per la propria vita sociale e lavorativa. 

GENERAZIONE SMARRITA
Alla luce di questo, come fanno i giovani oggi ad essere felici?
«Essere felici nella fase giovanile - afferma Alessandro Rosina, tra i curatori della ricerca e professore ordinario di Demografia e Statistica sociale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano - risulta sempre meno una condizione dell’essere spensierati e sempre più legata al fare, alla possibilità di mettersi alla prova con successo in un contesto che incoraggia ad essere attivi nel migliorare il proprio futuro. Lo conferma il fatto che alla domanda se ci si sente felici solo il 56,4% dei Neet risponde “Molto” o “Abbastanza” contro il 78,3% di chi ha un lavoro a tempo indeterminato. 
Un divario enorme che separa il peggio di ciò che l’Italia rischia di essere e il meglio di quello che può diventare con le nuove generazioni». 
I giovani italiani, tuttavia non sono una generazione “senza futuro”, una generazione “perduta”: “Sembrano piuttosto - conclude Rosina - una “generazione smarrita”, nel senso di chi sta cercando la propria strada e fa fatica a trovarla nel nostro paese». 

 


 

DISPOSTI AL TRASFERIMENTO

L’84,4% dei giovani del Sud si dichiara disposto a trasferirsi in qualsiasi regione italiana o addirittura all'estero (il 50% del campione). La disponibilità a spostarsi è più alta per chi ha titolo di studio maggiore: l’86% dei laureati contro il 73% di chi ha la scuola dell’obbligo. Chi rimane nel Sud, anche trovando lavoro, si trova maggiormente a doversi adattare a svolgere un’attività non pienamente in linea con le proprie aspettative.  
Un motivo per andarsene è anche la bassa fiducia nelle istituzioni e in particolare nella possibilità che la politica locale sia in grado di migliorare le condizioni di vita e lavoro dei cittadini. La fiducia nelle istituzioni locali (comune e regione) è pari al 23% per i giovani italiani in generale, mentre scende al 17% per i giovani del Sud. 

 


 

Noi siamo una risorsa

Oltre il 90% degli intervistati dal “Rapporto giovani” dell’Istituto Toniolo è convinto, con omogeneità su tutta la penisola, di essere la risorsa più importante che l’Italia dovrebbe mettere in campo per tornare a crescere. Solo il 16% dei giovani del sud è indisponibile a trasferirsi. Se però in passato come destinazione prevaleva il Nord Italia, ora più della metà degli under 30 meridionali punta all’estero. 
Per i giovani italiani i paesi con maggiore attrattiva sono gli U.S.A. con il 17,5%, il Regno Unito con il 14 %, la Germania con il 12,2 %, la Francia con il 3,5% e infine la Spagna con l’1,5%.


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