Viaggio nella scuola
Prima delle riforme... la persona
Sab 01 Nov 2008 | di Prof.ssa Paola Gozzi | Attualità
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La difficile situazione della scuola in Italia sembra in questo momento particolarmente critica ed al centro di numerose polemiche. Per la mia esperienza, non solo di insegnante, credo però che “l’istituzione scuola” non possa risolvere tutti i mali che colpiscono i nostri giovani e credo anche che essi siano ben più profondi di una inadeguatezza nella conoscenza delle singole discipline e che siano più importanti dell’essere agli ultimi posti nelle statistiche europee sulla preparazione media e superiore.
Credo che le problematiche riguardanti l’istruzione non possano essere affrontate e tanto meno risolte se non si ha il coraggio di alzare lo sguardo oltre i particolari attorno ai quali si aggirano inutilmente le varie disposizioni ministeriali, che non sembrano riuscire a cogliere la vera natura del problema.
Se da una parte vi sono delle ragioni che hanno portato “l’istituzione scuola” ad essere così impotente di fronte alla sofferenza dei ragazzi e che le impediscono di essere una vera ed efficace struttura educante, dall’altra anche gli insegnanti sono persone spesso talmente sofferenti da non riuscire in proporzione ad instaurare relazioni importanti per la crescita dei giovani e dei bambini.
è vero che la scuola come istituzione reca con sé condizionamenti antichi che nemmeno la bellissima esperienza montessoriana è riuscita a scalfire.
è vero che la scuola nasce nel non troppo lontano 1870 quando il neo Regno d’Italia deve affrontare la grave difficoltà di governare regioni sul medesimo territorio della penisola con tradizioni culturali e linguistiche differenti ed ha la necessità di creare praticamente dal nulla un senso nazionale inesistente perché le imprese mazziniane e carbonare, care agli intellettuali, erano state ben poco condivise dalla popolazione.
è vero che la scuola aveva bisogno di sostituire le persone che, nel corpo insegnante e soprattutto nel clero, non davano sufficienti garanzie di lealismo nei confronti delle nuove istituzioni con nuovi elementi che offrissero garanzie politiche di lealtà alle nuove direttive statali che imponevano di attenersi rigorosamente ai programmi ed ai libri di testo per garantire l’omogeneità della formazione dei bambini, trasmettendo ai posteri una impostazione omologante per idee e comportamenti.
Mi domando, però, come mai ancora oggi non riusciamo a superare i limiti di tale impostazione e dobbiamo ancora combattere con una situazione solo apparentemente differente e che invece ha ancora programmi, libri, edifici e spazi antichi, banchi, lavagne e cattedre identiche - o quasi - a quelle ottocentesche, ma soprattutto che propone contenuti non molto diversi, anche se per chi insegna è palese il disinteresse che i giovani provano nei loro confronti, perché lontani dai loro interessi e soprattutto lontani dalla loro vita.
La soluzione per la scuola non risiede nei voti o nell’attribuire maggiore o minore importanza al comportamento, ma nel tornare ad essere capace di “educare”, nel senso che la parola aveva in latino: e-ducere, condurre fuori.
La scuola esiste non in quanto struttura, ma nelle persone degli insegnanti che ogni giorno interagiscono con altre persone, gli studenti, e sono gli insegnanti, insieme ai genitori, tutti educatori dei ragazzi, che dovrebbero portare alla luce le potenzialità che sono in loro, promuovendo la loro espressione, la loro identità, la loro creatività e dunque la loro pace e serenità.
La più grande sofferenza dei giovani risiede nel non essere visti come potenzialità uniche ed irripetibili, ma nell’essere soggetti ad una uniformante impostazione che attraverso la scuola e le richieste delle famiglie li vuole rendere tutti uguali, competitivi, ricchi e con professioni di successo.
Al di là dei ruoli e delle istituzioni, credo sia necessaria per tutti noi una nuova cultura che riconduca il centro dell’interesse alla persona e all’ordine di sviluppo che la vita ha troppo spesso svilito ed ignorato, soffocato e negato e che sta producendo i frutti che sono visibili per tutti. Non sono le riforme scolastiche che possono trovare la soluzione al disagio dei giovani ed anche degli insegnanti, dei genitori, delle famiglie che spesso delegano impotenti ad altri il loro ruolo educativo.
è necessario ripartire dalla persona, ma è anche necessario sapere cosa la persona sia veramente in un momento storico in cui credo si stia sperimentando la massima confusione al riguardo. La luce offerta in questo senso dalla Nuova Cultura di Vita sperimentata in questi anni nella Scuola di Promotori di Sviluppo di Vita e Missione, di cui è fondatore Padre Angelo Benolli, offre una concreta possibilità per recuperare la dignità della propria persona e per sperimentare come solo dopo si possa promuovere la vita degli altri, ma anche come solo così si possa essere veramente educatori.
Questa è stata la mia esperienza personale, quella che ha cambiato anche il senso della mia vita professionale, perché ogni giorno sperimento come l’assenza di questa verità sull’uomo è quella che conduce al bullismo, all’illegalità, alla droga, ad un abuso precoce della sessualità che lascia i ragazzi in balia di dipendenze emotive ed affettive devastanti nell’adolescenza.
Padre Benolli parla di un ordine che esiste all’interno della persona, in cui anima, sessualità, nervi, corpo e mente sono in stretta connessione con la forza più grande che è Dio, che anima e sostiene questo ordine; queste energie della vita poi sono inconsce per il 90% e solo se ordinate rendono sapiente il 10% della mente razionale. Queste energie hanno bisogno di rispetto per svilupparsi ed hanno bisogno di potersi esprimere nell’ordine che esse hanno per natura, perché si possa fare esperienza di carattere, identità personale, libertà e creatività.
Se abbiamo veramente a cuore il nostro futuro che risiede nella salute delle generazioni che seguiranno, è più che mai necessario ritrovare questa vita personalmente, per poterla poi far sperimentare anche ai giovani, agli adolescenti ed ai bambini; se noi adulti siamo sofferenti e malati, condizionati ed infelici, (il 50% degli insegnanti è affetto da disturbi psichici), proietteremo inconsciamente sugli altri le nostre difficoltà, rendendo impossibile la relazione vera, quella che nel rispetto aiuta a crescere. Le conoscenze, le competenze e le abilità non vengono da leggi, riforme, grembiuli e voti, possono venire solo dopo questa esperienza e vengono con facilità se i ragazzi sono liberi di esprimersi e si sentono riconosciuti e rispettati anche nei contenuti che debbono apprendere. è necessario mettere la persona al centro, quella dei ragazzi, ma anche quella degli insegnanti, dei genitori e di tutte le persone, è necessaria questa Nuova Cultura sperimentata con Padre Angelo Benolli ed Italia Solidale per vedere e risolvere le cause del disagio dei grandi e dei più piccoli, per recuperare la propria vita e per portarla alla pienezza della libertà e della creatività, insieme. Italia Solidale organizza seminari di due giorni per i docenti, per informazioni www.italiasolidale.org
EYESIGHT TO THE BLIND
Dopo sei anni di silenzio l’ex studente gliele suona
di Giacomo, 19 anni, Roma
Sì… eyesight to the blind… questo scritto si chiama così, come il vecchio blues che ne sta cullando la stesura. Perché? Bè, eyesight to the blind si traduce “la vista al cieco”… per ora, questo è il perché.
Il mio nome è Giacomo, in onore del figlio del tuono, l’apostolo che non parlava mai; e poco tempo fa ho ricevuto una targa in occasione della festa ai maturandi nella mia scuola, questa targa attesta la mia partecipazione all’istituto dal 2002 al 2008…6 anni…eh, già…6 anni.
Mi sia permesso in questa sede, di poter esprimere ciò che per me dovrebbe essere, la scuola: io credo che essa dovrebbe usare l’erudizione come fertilizzante in favore della crescita personale del singolo, della cultura di vita dell’individuo… in parole povere, l’importante non è sapere cosa diceva Socrate in funzione del mero sapere, bensì cosa ha rappresentato Socrate, per poter accrescere la propria persona attraverso l’esperienza di Socrate. Il docente io credo debba essere il giardiniere che quotidianamente e sapientemente annaffia il bocciolo di una rosa che è l’identità di ogni singolo studente, al fine di trasmettergli non solo pagine, ma il sangue della sua via, della sua verità, della sua esperienza di vita. L’identità del singolo è il fine…Demostene, Eraclito, Pitagora, Hegel… sono mezzi.
Ma questo può avvenire quando l’educatore, il docente, è un uomo pieno di esperienza vitale, non un tronfio di idealismi sofistici su tutte le vuote teorie di uomini ricchi di parole ma poveri di vita…perché uno del genere, a causa di una vita frustrata mai vissuta in pieno, inconsciamente troncherebbe lo sviluppo dell’io del ragazzo… ingabbiandone l’individualità in reticolati di ragionamenti inutili.
Questa devastazione della nostra identità era normale nella mia classe... io ero parte di un gruppo di ragazzi schiacciati da ogni lato, da molti involontari adepti del Principe della menzogna…persone succubi di professori farisei, a loro volta succubi della loro vita non piena, senza esperienza di maturazione personale, che per i loro inconsci terrori rimossi opprimevano la potenzialità dei ragazzi sostituendosi a loro ed imponendo il loro modo di vedere le cose… e la cosa più terrificante…è che questo era assolutamente normale per tutti…questa oggi è normalità. Ma se un educatore non è educato alla vita, cosa può trasmettere?
Niente. Anzi disturba la vita di noi giovani.
Ho conseguito la licenza liceale in quella scuola.. ho visto miei compagni svolgere il tema di maturità sotto dettatura di insegnanti che “ne volevano il bene” annientandone ogni sussulto di identità personale, e perché? Perché il voto è il fine…figli di una miseria non vostra che vi stringe alla gola… barattaste un sorriso per un voto.
Poi tutto è finito, ho preso il diploma e sono andato via di là. Sono partito, via dalla bugia d’un mondo occidentale troppo falso con se stesso.
Africa
Tu che leggi, chiunque tu sia, chiudi gli occhi agli uomini e spalancali in quelli di Dio.Avverti in te il richiamo dello splendore che ti brilla dentro, incastonato lì dal Padre…immàginati di camminare verso un Maasai con il volto segnato dalla vita in cui rifulgono due occhi da bimbo…senti il flusso degli odori, immagina di chiedergli “ Cosa fai quando hai paura?”.. penetra in una savana di vita…nutri di silenzio l’anima e senti la risposta.
“Noi Maasai non abbiamo mai paura”
Ora, se sei riuscito a carpire la genuinità di questa verità… devi sapere che in Kenya questo è successo a me e quando Isaia Loonkama mi rispose così io m' infuriai, perché toccò le mie più recondite paure e le derise davanti a me, con la semplicità di un bimbo.. “ Anche un dio re può sanguinare” mi ripetevo; poi lui se ne andò da Chumvini a casa sua a Rombo, accompagnato da uno con una moto da cross e sfrecciando di fianco a noi urlò “Giacòmo!” e sollevo le mani al cielo… mi sussurrò alle orecchie dell’anima “vivi”. Ecco, amico mio, un Maestro.
Quando gli uomini capiranno che le cose umane non possono essere mai fini, ma solo mezzi in funzione della persona sposata a Dio, allora capiranno che non si insegna un’idea per l’erudizione, ma si trasmette una lacrima per un sorriso, una carezza per un brivido… allora, solo allora il sogno che un uomo ha riportato su un libro, potrà essere trasmesso a chi oggi lo studia e i brividi, che Tommaso Moro provò nell’immaginare Utopia, oggi li provo io nel leggere i suoi libri…solo una cultura in funzione della vita è cultura…ora capisci perché questo scritto l’ho chiamato eyesight to the blind: Dio per mezzo di Isaia Loonkama ha reso la vista ad un cieco… e quel cieco oggi, forse per conto di Dio, gli dedica un blues…
Dedicato ad Isaia Loonkama da Giacomo… colui che prima era cieco.
paola.gozzi@tiscali.it
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