Stiamo svendendo la nostra acqua ai francesi
Negli ultimi mesi i Tg hanno parlato solo di Alitalia, ma non di italianità dell’acqua, il vero petrolio del futuro
Gio 25 Giu 2009 | di Francesco Buda | Acqua
Col fatto degli aerei tricolori, tutti con la testa fra le nuvole, mentre ci stanno prendendo l'acqua. Mentre volava sempre più alto il patriottismo economico-finanziario dell'Alitalia agli italiani, ritornando coi piedi per terra, ci ritroviamo che i rubinetti di casa nostra sono diventati stranieri. L’acqua, bene pubblico per eccellenza, è diventata, nel silenzio imbarazzante dei Tg (occupati da importantissime notizie di gossip!), un bene economico di proprietà privata. E per di più sotto il controllo di multinazionali francesi già in molti comuni italiani, i cui cittadini cominciano a fare i conti con continui e immotivati rincari delle bollette.
La nostra acqua diventa straniera, contro i cittadini
Come mai il patriottismo, l'orgoglio nazionale sono a secco in materia di risorse idriche?
Il 5 agosto il Parlamento ha deciso che in Italia l’acqua è come un qualunque prodotto e che dev'essere gestita da società private. Lo sancisce l'articolo 23bis del decreto legge 112 del Ministro delel'Economia Giulio Tremonti, complice l’opposizione.
Questo accade contro la esplicita volontà popolare: l'anno scorso oltre 406.000 italiani, di tutti i colori, molti Sindaci, hanno presentato una legge di iniziativa popolare per riportare l'acqua in mani totalmente pubbliche e italiane. Carta straccia anche la moratoria con cui il precedente Parlamento aveva bloccato il passaggio dei servizi idrici a società private.
Ora, se lo straniero che non deve passare sui nostri aerei si chiama Air France, è bene sapere che i giganti mondiali del business del nuovo petrolio, cioè l'acqua, sono francesi.
E sono capillarmente al saldo comando delle nostre risorse idriche. Tanto da allertare i nostri servizi segreti: il Sisde ha riferito il Parlamento di «minacce alla sicurezza economica nazionale» a causa del sempre maggiore controllo di multinazionali estere su queste risorse strategiche.
Francesi dilagano in Italia
Tubi, serbatoi, acqua, depuratori, tombini, fontane e fontanelle sono sempre più sotto il controllo estero. A cominciare dall'ottima acqua della Capitale italiana; e da Parigi controllano la maggior parte delle società che gestiscono l'acqua in Italia un po' ovunque: Toscana, Sicilia, Lazio, Calabria, ma pure in varie zone dell'Emilia Romagna, del Veneto e del Friuli, Piemonte, Marche, Liguria... In Puglia, il simbolo del riscatto dei contadini meridionali, da anni fà gola ai soliti privati: i monsieur dell'oro blu vogliono privatizzare l'Acquedotto Pugliese, la maggiore rete di distribuzione d'acqua in Europa in capo a un unico gestore pubblico e la terza in Europa per numero di abitanti serviti. Ora, come una perfetta hostess, il Governo italiano serve questo ben di Dio dritto dritto alla tavola di multinazionali estere con l'articolo 23bis.
Prendono la nostra acqua e ce la rivendono salatissima
Nulla contro altri popoli. Ma qui non è questione di bandiera, si tratta della vita. La partita è grossa e si gioca sulla testa delle comunità. Nel nord come nel sud del mondo, pochissimi soggetti si stanno appropriando del primo bene essenziale per la vita. È il nuovo petrolio, e chi se lo accaparra comanda. Trasformano Sorella Acqua in roba da mercanti e a prezzi sempre più alti. In provincia di Latina, il Comitato Difesa Acqua Pubblica calcola rincari in bolletta fino al 300%. Salassate ormai dilaganti in gran parte del Paese, grazie a complicati calcoli e fatture rompicapo.
Nella zona di Firenze la Publiacqua Spa deve ridare 6,2 milioni di euro agli utenti: soldi intascati attraverso le bollette per “conguaglio ai ricavi“. Il Comitato di Vigilanza sulle Risorse Idriche gli ha intimato di restituirli immediatamente. Anche in questo caso, ci sono di mezzo i francesi. Il copione è lo stesso dappertutto: i padroni dell'acqua, controllati fuori confine, fanno pagare agli utenti un'acqua salata, si fanno pure finanziare dagli Enti pubblici e intascano prestiti da capogiro indebitando per decenni Comuni, Province e Regioni con banche straniere.
Come accade ad esempio in Lazio e Toscana, dove i soldi per ammodernare le reti e fare manutenzione non vengono mica dai soci privati transalpini, ma dai cittadini e dai prestiti di una banca tedesca con sede in Irlanda. Il tutto con pesanti pegni e garanzie sugli enti pubblici e con il rischio che banchieri esteri entrino a decidere persino le tariffe pur di riavere i loro denari.
Questo con la complicità diffusa dei principali partiti politici, di destra e di sinistra. Proprio come per i rifiuti, per l'energia elettrica, gas, autostrade e così via.
Alitalia italiana? Allacciare bene le cinture di sicurezza: quando avremo sete, chiameremo l'hostess.
A Parigi però dicono basta a padroni privati
Il Sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, sfida le multinazionali francesi che si sono spartite le acque della Capitale: una si è presa la riva sinistra e una la riva destra. Nel 2009 scadono i contratti con i due colossi idrici e il Sindaco è deciso a non rinnovarli. Questo è il suo cavallo di battaglia in campagna elettorale. Danielle Mitterand, moglie dell'ex Presidente francese, sostiene la sfida per l’acqua di tutti.
Acque torbide
Così oscuri affaristi e politici nostrani hanno espropriato le acque italiane
Oscuri intrecci tra spregiudicati affaristi e politici, concentrazione del potere in pochissime mani, sabotaggio della libera concorrenza, "assorbimento" di enormi somme di denaro dei cittadini italiani, fatture gonfiate, appalti per milioni e milioni di euro affidati a società amiche.
Un quadro sconcertante emerge da varie esperienze maturate in Italia in materia di privatizzazione dell'acqua. Dal mega appalto negli anni '90 per i depuratori a Milano, unica metropoli europea a non averne, agli arresti lo scorso gennaio (il processo è ancora in corso) dei vertici di Acqualatina Spa, la società cui sono assoggettati 38 comuni a sud di Roma. Sei capi della società, vecchi e nuovi, accusati dopo due anni d'inchiesta dalla Procura della Repubblica di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata, abuso d'ufficio, frode nelle pubbliche forniture, falsità ideologica in appalti pubblici, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Ma vi sono inchieste anche in altre regioni. Il business dei depuratori milanesi pagati a peso d'oro, in quella che chiamavano "capitale morale d'Italia", fu scoperchiato in piena Tangentopoli insieme a un vortice di mazzette e appalti truccati. Oggi, un campanello d'allarme su un certo stile gestionale degli affari idrici sarebbe secondo alcuni sintetizzato in quanto afferma la magistratura di Latina. La locale Procura, a proposito dei "signori dell'acqua" arrestati, parla di «spiccata pericolosità sociale, dimostrata da indagati che hanno fatto della condotta illecita un vero e proprio sistema operativo». Così scrive il giudice delle indagini preliminari che ne ha convalidato gli arresti.
I Servizi Segreti avvertono minacce alla sicurezza economica nazionale
Il Sisde, servizio segreto civile, ha fatto un richiamo nella 54ma Relazione al Parlamento italiano avvertendo del rischio che una risorsa preziosa e strategica come l'acqua finisca in mani straniere. Gli 007 hanno parlato di “minacce alla sicurezza economica nazionale”.
Lo rivela Giuseppe Altamore, vicecaporedattore di “Famiglia Cristiana”, nel suo documentatissimo libro “Acqua Spa”. «C'è una presenza diffusa quasi tentacolare delle società francesi in Italia», spiega il giornalista, tra i massimi conoscitori della materia.
Devono ridare i soldi agli utenti
6,2 milioni di euro incassati ingiustamente in nome di un “conguaglio ai ricavi”. Ora però la società semi-francese, cui sono assoggettati 1.200.000 italiani nella zona di Firenze, Prato e Pistoia, deve restituirli agli utenti.
Lo ha stabilito il Co. Vi. Ri. (Comitato di Vigilanza sulle Risorse Idriche) lo scorso luglio, dando ragione a migliaia di cittadini e ad una consigliera comunale di Forza Italia di Pelago (Fi): “Al gestore non andava riconosciuto alcun guadagno oltre quanto già stabilito dal metodo normalizzato”, cioè quel che la gente paga con le bollette.
Basta dio denaro. I Vescovi: «L'acqua è di tutti!»
La difesa della più importante fonte di vita viene da sacerdoti come Alex Zanotelli, ma pure da importanti ed amati Vescovi. La loro voce oltre ogni bandiera, si alza vera di fronte al peggiore dei dogmi della nostra epoca: tutto si compra, esiste solo la materia, il dio denaro regola tutto.
«L'acqua non è una merce, ma un diritto di tutti. Diamoci da fare perché vinca la vita!», è l'appello di padre Zanotelli, dopo anni di Africa tra i più poveri del Kenia, oggi accanto alla gente di Napoli e dei 76 Comuni schiacciati dalla prepotenza di privati che vogliono mettere le mani sull'acqua.
«L'acqua appartiene a tutti e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per trarne "illecito" profitto», ha scritto l'Arcivescovo emerito di Messina, Giovanni Marra. «L'acqua è sacra, non solo perché dono prezioso del Creatore – ha scritto recentemente padre Raffaele Nogaro, Vescovo di Caserta –, ma perché è sacra ogni persona, ogni uomo, ogni donna della Terra fatta a immagine di Dio che da quell'acqua trae esistenza, energia e vita». Meno di un mese prima che il Parlamento decidesse che in Italia l'acqua è una merce da affidare ai privati, Benedetto XVI diceva che «riguardo al diritto all'acqua si deve sottolineare anche che si tratta di un diritto che ha un proprio fondamento nella dignità umana. Da questa prospettiva bisogna esaminare attentamente gli atteggiamenti di coloro che considerano e trattano l'acqua unicamente come bene economico».
L’Italia vuole l’acqua, ma il Governo la dà ai privati
In 406.626 hanno firmato lo scorso anno la proposta di legge di iniziativa popolare per tornare alla gestione pienamente pubblica dell'acqua.
Singoli cittadini, associazioni, comitati, sindaci, consiglieri comunali, parlamentari, un popolo di gente libera si è espressa in modo chiaro, civile e concreto.
Ma è rimasta inascoltata. Il 5 agosto scorso il Governo, con l'assenso di gran parte dell'opposizione, ha fatto votare al Parlamento l'articolo 23bis del decreto 112 del Ministro Tremonti per sancire che l'acqua è una merce da far mercanteggiare a società private.
Con i privati stranieri gli acquedotti peggiorano
Nella caccia all'acqua italiana, uno dei dogmi è la maggiore efficienza e capacità tecnica delle società private "esperte" rispetto ai vecchi carrozzoni pubblici. Oltre alla favola che i privati hanno quattrini da investire nelle reti idriche che si accaparrano. In realtà, dopo lo sbarco dei colossi francesi dal 1999 al 2005 l'efficienza delle reti si è abbassata del 2,9%. Lo certifica una recente ricerca dell'Istat, l'Istituto nazionale di statistica, che boccia le reti idriche privatizzate. E così gli acquedotti restano dei colabrodo, sovente assai peggio di quando erano in mano pubblica e delle varie comunità locali.
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