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L’Oktoberfest del cinema

Un mese diviso tra blockbuster e film d’autore

Gio 29 Set 2016 | TV/Cinema
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È ricominciata a piena velocità la stagione cinematografica, è come se il Festival di Venezia desse ogni volta il via. E ottobre è un bel mese, sempre, che si divide tra blockbuster e film d’autore.


Pets – Vita da animali
I migliori amici dell’uomo sono ormai al centro del grande schermo, sempre più protagonisti, soprattutto in un mondo che spesso rende cani, gatti e animali domestici vari come sostituti di figli e compagni di vita. E se il cinema l’ha sempre saputo (si pensi a Lassie, Lilli e La carica dei 101), ora anche il marketing chiede che vi siano sempre più opere con i nostri amici a quattro zampe (o a due ali) protagonisti. Alla Universal sanno come fare soldi e allo stesso tempo render felici gli spettatori. E così ecco che con Chris Meledandri – appena premiato a Venezia 73  - come produttore, ci regalano un lavoro gradevole e piuttosto furbo. Già, perché non è che abbiano faticato troppo con “Pets – Vite da Animali”, avendo di fatto preso il nucleo narrativo di “Madagascar” portandolo in ambiente metropolitano e facendolo vivere a chi fugge dalla comoda vita da rinchiuso di lusso per buttarsi in una grande avventura. Il vero gioiello però è tutto nella parte iniziale e finale, dove vediamo la vita nascosta degli animali domestici, dal barboncino punk all’avvoltoio dal cuore tenero, minuti geniali e surreali che valgono il prezzo del biglietto. 

Neruda
Pablo Larraìn è diventato forse il miglior regista vivente, raccontando un piccolo grande paese come il Cile, rendendo una Storia e una visione decisamente particolari di interesse universale. Allende, il referendum contro Pinochet, il ruolo tragico della Chiesa nel suo paese, nei suoi capolavori ha sempre percorso con dolore e potenza le ferite aperte della sua patria. Ora, in un’opera poetica e vibrante, si rivolge a Pablo Neruda, vero padre della patria, per un luogo che nel dopoguerra ha vissuto l’utopia più bella e poco dopo l’inferno più tragico. Larraìn, a cui piacciono le narrazioni laterali, però, non ci offre il grande poeta nell’atto della sua resistenza o magari a ridosso di una morte iconica, avvenuta per la delusione politica più che per la malattia. Va a pescarlo tra il 1946 e 1948, quando sostiene lo sciopero dei minatori e sta componendo uno dei pilastri intellettuali del Sud America, il suo Canto General. Regia sopraffina e amorevole, piena di discreti colpi di talento, va però sottolineata la prova grandiosa di Gael Garcia Bernal, nella parte di Oscar, e di Luis Gnecco, nella parte del mitico Pablo.

Piuma
Di cineasti come Roan Johnson abbiamo bisogno. Capaci di un cinema popolare, non di rado pop, ma allo stesso tempo raffinato, senza mai prendersi troppo sul serio. E se Piuma forse non ha l’originalità e la capacità spiazzante de “I primi della lista” e neanche la gioiosa indipendenza di “Fin qui tutto bene”, questa coproduzione Sky-Palomar ha la freschezza del suo autore, capace di divertire lasciandoci sempre qualcosa di importante dentro. In questo “Juno” all’italiana, in cui due 18enni vivono un’esperienza più grande non solo di loro, ma pure delle loro famiglie – una gravidanza inaspettata -, ci sono momenti di divertimento assoluto e anche di riflessione non banale. E se nella scrittura il lungometraggio soffre della voglia di trovare momenti scontati (o in altri casi eccessivi) di comicità, è nei sorrisi preoccupati di Blu Yoshimi e nella capacità di cazzeggiare di Luigi Fedele che trovi l’anima di questo racconto di vita che ha in Sergio Pierattini, padre tragicomicamente disperato, il suo punto più alto. Si poteva, forse, essere più coraggiosi. Ma, ripetiamo, di questo cinema commerciale e intelligente abbiamo un bisogno matto.

Bad Moms
Ci voleva l’abbattimento di questo tabù. La figura sacrale della donna di casa al cinema è difficile da scalfire, raccontare la vicenda di tre donne che a un certo punto rifiutano la routine femminile di madri superefficienti per riconquistare la propria vita, è un vero atto di coraggio. Amy Mitchell (Mila Kunis) ha una vita apparentemente perfetta: un matrimonio fantastico, dei bambini adorabili, una bella casa e una carriera. Tuttavia lavora troppo, è super impegnata, è esausta a tal punto che sta per perdere la testa. Stufa, unisce le forze con altre due mamme super stressate, Kiki (Kristen Bell) e Carla (Kathryn Hahn), in una missione per liberarsi dalle responsabilità convenzionali – darsi alla pazza gioia, abbandonarsi a una tardiva libertà atipica per una mamma, divertimento e autoindulgenza – ed entrare in rotta di collisione con la regina dell’Associazione Insegnanti-Genitori, Gwendolyn (Christina Applegate), e la sua cricca di mamme perfette, Vicky (Annie Mumolo) e Stacy (Jada Pinkett Smith). Una guerra che nella sua comicità – si intuisce già dal suo poster censurato – sa però dirti che lì, tra le quattro mura, non puoi lasciar solo chi sta crollando. E che è giusto riprendersi ciò che ti è stato tolto, anche se ti giudicano male. Si sa, infatti, che lo fanno solo quelli che non riescono più a dare il cattivo esempio, come cantava Fabrizio De André.

Café Society
Woody Allen. Un marchio di qualità per anni, una certezza. Poi, al contrario, un segno inequivocabile di declino. Ora quel nome e quel cognome ci parlano di un regista che si accontenta di opere ben confezionate, di racconti sentimentali e ritratti di personaggi che virano spesso sul classico e di dialoghi che, un tempo corrosivi e geniali, ora si accontentano di essere eleganti e ben ideati. “Café Society” è un film speciale per la fotografia straordinaria di quel maestro che è Vittorio Storaro, utile per tre attori che sanno giocarsi bene i loro ruoli (Kristen Stewart, Jesse Eisenberg e Blake Lively), innocuo per lo spettatore che non si annoia né si entusiasma. Non sembra, “Café Society”, un film di Woody Allen. Potrebbe averlo fatto chiunque, certo lui lo porta a casa con qualche piccolo guizzo in più. Alla fine, però, si fa guardare e quella malinconia sorridente entra dentro di te. Troppo poco per i nostalgici, abbastanza per un sabato sera.                                  


 

I magnifici 7 (in sala)

Neruda: uno dei più grandi poeti del secolo scorso. Uno dei più grandi registi di quello attuale. Insieme non potevano non dar luogo a un capolavoro. Non solo cinematografico, ma anche politico. Da vedere.

Piuma: Juno ci aveva già detto quasi tutto della gravidanza adolescenziale. Ma Roan Johnson torna sul tema con lieve sensibilità, con tempi comici di grande efficacia e qualche intuizione niente male. 

Bad Moms: tre mamme stufe di essere perfette e stressate si riprendono la loro vita. Basta guardare il poster del film per capirne il tono e la forza provocatoria. Mila Kunis diventa ufficialmente un’icona milf.

Café Society: i nostalgici del Woody Allen più grande girino alla larga. Quelli che vogliono godersi un sabato sera gradevole e senza troppo impegno sono invece ben accetti. Certo, poteva farlo chiunque questo film.

Pets – Vita da animali: l’intuizione di spiare la vita nascosta degli animali domestici, che rende i primi minuti irresistibili, viene troppo presto accantonata in favore di una scopiazzatura di “Madagascar”. Peccato.

Inferno: torna Tom Hanks nei panni dello studioso d’azione Robert Langdon, inventato da Dan Brown e al cinema portato da Ron Howard. Ora il thriller è dantesco, ma lo script è come sempre improbabile.

Bianconeri – Juventus Story: un documentario sulla Juventus. Lo capiamo, molti di voi già a leggerlo hanno l’orticaria. Ma a vederlo si rischia persino di provare simpatia per la Vecchia Signora. Forse.

 


I fantastici 4 (in dvd)

Studio Ghibli: lo studio di Hayao Miyazaki. Dopo i 10 capolavori firmati dal Maestro usciti nel 2015, arrivano in edizione steelbook anche gli altri film: edizione limitata in box metallico. Una collezione imperdibile.

L’uomo che vide l’infinito: racconta la vera storia di Srinivasa Ramanujan e di un’amicizia unica che ha cambiato per sempre il mondo della matematica. Bravissimo Dev Patel, ormai divo indiscusso. 

Tower Records - Nascita e caduta di un Mito: diretto da Colin Hanks (fratello di Tom), il film documenta la sfortunata parabola dell’impero Tower Records, fondato da Russ Solomon nel 1960. Documentario cult.

Star Trek e Star Trek into darkness: l’uscita nel nuovo formato 4K Ultra HD Blu-ray dei due film campioni della saga di J.J. Abrams, per festeggiarne i 50 anni. Ne vale la pena per i film e per il formato.

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