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Viggo Mortensen: chiamatemi Re!Rilassato, disincantato e indifferente: decifrare Viggo Mortensen è una missione (quasi) impossibile. Noi ci abbiamo provatoMer 04 Gen 2017 | di Alessandra De Tommasi | Interviste Esclusive
Si siede a suo agio, gambe incrociate, in un angolo un po’ defilato del salotto, ma non riesce a passare inosservato per i corridoi della Festa del Cinema di Roma. Viggo Mortensen, avvolto da un’aura di regalità fin dai tempi de “Il Signore degli Anelli”, riesce a mantenere un distacco davvero ammirabile davanti alle urla, ai flash e al delirio confuso che si scatenano al solo passaggio. Ci è abituato, certo, ma sa come gestirlo grazie all’educazione familiare e all’istruzione che gli hanno permesso di girare il mondo e di fare una lunga gavetta prima di ottenere fama e notorietà. Ecco perché si concede film introspettivi, intimi, familiari, come “Captain Fantastic”, dove interpreta un padre a dir poco fuori dagli schemi che decide di crescere la prole lontano dalla civiltà e dalla tecnologia, quasi a proteggerla dalle brutture e dai pericoli del mondo. Mettiamo da parte glamour e gossip e sediamoci ad ascoltarlo, perché ha davvero tanto da dire, come artista e come essere umano.
Condivide l’atteggiamento totalmente aperto del suo personaggio?
«Ben è un padre brutalmente onesto, ai suoi figli parla di tutto, dal sesso alla morte, e devo dire che condivido l’idea di base di non mentire mai ai ragazzi, ma calibrerei la verità asseconda dell’età. Non me la sento di giudicare un genitore, perché tutti commettiamo errori, anche in buona fede. Lui è inflessibile, anche se ironicamente respinge le scelte imposte dal sistema, ma l’esperienza lo rende più umano. A volte sono proprio i figli ad insegnarti come aggiustare il tiro».
Questo ruolo l’ha davvero messa in gioco. È pronto per la prossima sfida?
«Sempre. Non parlo di sport estremi, quelli proprio non fanno per me, ma di alzare il tiro professionalmente. Vorrei diventare anche regista, ho scritto tre sceneggiature, tutte incentrate sulla famiglia e sui cavalli, una delle mie grandi passioni, ma soprattutto sento il desiderio di mettermi alla prova».
Anche lei è refrattario alla tecnologia?
«La tecnologia ha aspetti positivi e geniali, ma la risposta dipende dall’uso che ne fa. Se diventa uno strumento per separare le persone, anziché capire i diversi punti di vista, allora non mi sta bene. Io, per esempio, ho ancora un telefonino a conchiglia e uso il pc solo per fare l’editing dei libri, per leggere le mail, caricare le foto o parlare con la famiglia quando sono lontano, ma a sprecare il tempo sui social non ci penso proprio».
Ha ancora una passione per la fotografia?
«Certo, per me è uno strumento potentissimo per comunicare con gli altri, un mezzo per prestare attenzione a quello che succede nel mondo e per connettersi con la realtà. A volte basta guardare un’immagine per sentire una connessione fortissima a livello emotivo con un quello che ti trovi di fronte. A dire il vero puoi essere fotografo anche senza fare un singolo scatto. Già l’idea di fare una foto ti proietta nell’atteggiamento di prestare attenzione agli altri».
Da padre, quanto pensa sia importante trasmettere l’arte?
«I bambini sono tutti artisti, cantano, fanno disegni, si lanciano nelle imitazioni più assurde con una disarmante spontaneità, prima ancora di venire etichettati come artisti. In fondo lo siamo tutti, purchè ci comportiamo come tali».
Come sceglie i progetti?
«Di sicuro non per nazionalità di provenienza, anche se girare a Roma, Lucca e Firenze in passato mi ha dato grande gioia. Mi concentro soprattutto sulla sceneggiatura: sono affamato di buone storie. In passato, invece, lo confesso, chiedevo solo: “Per questa parte verrò pagato? Sì? Allora accetto”».
Se le tirano in ballo “Il Signore degli Anelli” alza gli occhi al cielo?
«Assolutamente no, noi del cast siamo rimasti in contatto e ci sentiamo davvero vicini, quel lungo percorso ci ha connesso anche con i luoghi e la natura e farà sempre parte di noi, anche se nel frattempo la vita ci ha regalato nascite e divorzi».
Per entrare nella pelle di un personaggio ne assume anche le spericolatezze?
«A tutto c’è un limite. Io per prima cosa mi chiedo: cosa succede prima di pagina 1? Dopodiché creo la vita del personaggio, ma nel caso di “Captain Fantastic” ho evitato le arrampicate, perché soffro di vertigini, mentre se c’è da imparare qualcosa di nuovo come suonare uno strumento sono sempre pronto».
Come se la cava invece con i bambini?
«Averne avuti sei in scena è stata una bella sfida, ma hanno bisogno del loro tempo. Eravamo (lo dice in italiano) una vera famiglia, ognuno poteva chiedere apertamente qualsiasi cosa e ci mandavamo mail stupidine o ridevamo di una nostra complicità. In effetti metà del lavoro dell’attore è un riflesso di quello che gli altri del cast ti danno. In questo caso ho attinto ai ricordi d’infanzia: mio padre per motivi di lavoro era poco presente, lo vedevo solo nei weekend, ma ricordo tutti i momenti insieme, dalla caccia alla pesca, e sono partito da lì. D’altronde si tratta di questo, di un viaggio d’amore formato famiglia».
CAMIONISTA, FIORAIO, BARISTA E ATTORE
Viggo Peter Mortensen Jr., classe ’58, è nato a New York, ma ha origini danesi da parte di padre. Dopo il divorzio dei genitori si è trasferito con il padre a Copenaghen, per poi tornare negli Stati Uniti. Atleta, musicista e scrittore, si barcamena in molti lavori, nonostante la laurea, e così in Danimarca fa il camionista, il fioraio, il cameriere e anche il barista, ma solo in America avvia la carriera di attore. Difficile non associare il suo nome al personaggio leggendario di Aragorn ne “Il Signore degli Anelli”. Dopo la fama planetaria della trilogia firmata ad Peter Jackson, ha recitato nei panni di personaggi molto diversi tra di loro, da “A Dangerous Methos” a “Delitto perfetto”. Ottiene una nomination agli Oscar per “La promessa dell’assasino” e il suo ultimo film, “Captain Fantastic”, presentato in collaborazione fra Alice nella città e Festa del cinema di Roma, ha vinto il Premio del pubblico BNL all’edizione 2016 del festival. Al momento ha ottenuto una nomination ai Golden Globe per il ruolo del capofamiglia a dir poco singolare. Durante la carriera ha lavorato anche come produttore. Dopo dieci anni dal matrimonio e un figlio, divorzia dalla cantante Exene Cervenka e attualmente convive in Spagna con la collega Ariadna Gil.
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