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Il gong della campanella

Si torna a scuola: ecco come vincerò la battaglia del risveglio di mio figlio

Lun 01 Set 2008 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli

L’anno scorso ci sono cascata anch’io. Si avvicinava il giorno di ricominciare con l’asilo e, dopo un’estate passata in casa, per Alessandro significava un brusco cambio di abitudini. Per giorni ho rimuginato sull’Ora X: il momento in cui avrei dovuto svegliarlo, farlo alzare dal letto e preparare per andare all’asilo. E di corsa, perché anche io dovevo tornare al lavoro, e il tempo era contato. L’ansia per l’inevitabile momento critico montava e mi sono illusa che sarebbe stato sufficiente mandarlo a letto presto la sera prima perché si svegliasse fresco, riposato e pieno di voglia di tornare a vedere i suoi amichetti. è stata una Caporetto di capricci, una Waterloo di strillli, una Pearl Harbour di cedimenti nervosi da parte mia (“ti prego, fallo per la mamma, sbrìgati”). Del resto io ero arrivata all’appuntamento più ansiosa di lui e di certo non è la condizione migliore per gestire una situazione di stress.
Ma cosa posso rimproverare al mio piccolo ribelle, visto che nei suoi occhioni assonnati rivedo me… perché non posso dormire ancora un pochino? L’asilo gli piace, ma il letto… è morbido, avvolgente. Anche per me il risveglio è sempre stato un piccolo trauma e per superarlo ancora oggi ora seguo un preciso rituale, una cerimonia la cui “acqua benedetta” è un ingente quantitativo di caffè nero, bollente e senza zucchero. Preparo la macchinetta la sera prima, in modo da dover fare il numero minimo possibile di gesti prima di vederlo sgorgare dal beccuccio e poterlo bere, come una pozione che scaccia i cattivi spiriti dell’alba. Quando sono all’estero o in posti in cui il rituale non può svolgersi con gli stessi tempi e modalità, svegliarsi diventa una fatica doppia. Si vede che la fatica di aprire gli occhi è ereditaria.
Ecco perché quest’anno mi sono preparata in modo più razionale, ho studiato la questione e rivisto i miei errori. Se è importante per me che il risveglio avvenga nel modo che preferisco, non vedo come possa pretendere che non lo sia anche per un bambino di quattro anni.
Il primo consiglio, quindi, è cercare di capire qual è il suo di rituale preferito, e cercare di non stravolgerlo troppo nei giorni in cui il tempo è poco perché bisogna uscire. Dormire a sufficienza è importante, ma mandarlo a letto presto non basta. Serve un sonno sereno, gli incubi della notte, legati a paure irrisolte dei nostri figli, si trasformano in tensioni al mattino che rendono più difficile staccarsi dal nido accogliente del letto. Per alleviarle sono importanti le nostre rassicurazioni della sera prima, quando lui sta per chiudere gli occhi, creando insieme una buona atmosfera serale. E, sempre insieme, preparare ciò che serve al mattino dopo. Questo serve anche a portarsi avanti ovviamente, perché per quanto si faccia, un bambino difficilmente, per sua natura, si adatta all’idea che bisogna far presto.
Organizzarsi per tempo (in modo da ridurre anche il nostro grado di stress) e abituare lui a una certa autonomia personale, sono strategie fondamentali. Del resto so benissimo che, se non sono lucida, io finirò per cedere a comportamenti che invece di migliorare la situazione la peggiorano. A partire dal fatto che non bisogna mai implorarli perché facciano cose che rientrano nei loro doveri. Va bene svegliarlo con dolcezza, magari prenderlo in braccio per aiutarlo a uscire da sotto le coperte, giocare con lui mentre si prepara (“scommetto che ci metti più di dieci minuti”), ma quando deve fare qualcosa che rientra nei suoi compiti, voce e modi fermi e decisi, mai cedere a ricatti del tipo “mi alzo, se mi compri…”.  I nostri figli devono poter credere nell’autorevolezza dei loro adulti di riferimento. Se si cede, si finisce per aprire conflitti che si ripresenteranno per anni e anni. Una guerra inifinita e logorante. Io, invece, ora sono pronta per un rapido blitz. Hasta la victoria.


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