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Soli contro tutti, il cinema degli antieroi

Ad aprile grandi registi si affidano a protagonisti che combattono battaglie impossibili

Mar 28 Mar 2017 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
Foto di 8

FORTUNATA

Voto: 5
Genere: drammatico
Regia: Sergio Castellitto

Ci sono pochi registi italiani, anzi europei, capaci di maneggiare le emozioni come Sergio Castellitto. Anche quando esagera, anche quando un suo film va sopra e fuori le righe, anche se sbaglia il tono del racconto, c’è sempre una gemma preziosa in una sua opera, uno sguardo potente e sensibile, che ti rimane dentro. Quando poi centra l’obiettivo, non ha eguali. La storia di Fortunata, non tratta da alcun romanzo di Margaret Mazzantini che comunque è in scrittura, si staglia tra le sue migliori intuizioni, la vicenda semplice, emozionante e sofferta di una donna di periferia con un piccolo grande sogno - un negozio da parrucchiera - e un cuore grande come la sua forza di volontà ci cattura subito. Lo fa perché Castellitto sa proporcela con sincerità e vibrante emotività. E perché gli attori sono meravigliosi: Stefano Accorsi continua nel suo momento d’oro, Borghi è già una certezza, un interprete all’americana per la capacità di incarnare ruoli in cui istinto e talento vanno di pari passo, Jasmine Trinca è al suo meglio e capace di mostrarci ancora più che nel passato una gamma interpretativa completa, con una libertà e una potenza espressiva che ben si sposa con il suo rigore. Da premio, senza se e senza ma. Un bel film, d’autore e popolare.


THE START-UP

Voto: 4
Genere: romanzo di formazione
Regia: Alessandro D’Alatri

Matteo Achilli. Diciannove anni e già sulle spalle un mondo che non sa apprezzare chi sulla carta d’identità ha troppi pochi anni e magari neanche un lavoro classico. Matteo Achilli, la rivoluzione giovane di chi ha coraggio, visione e talento. Matteo Achilli: è la sua storia, vera e un po’ romanzata, che viene raccontata in “The Start-Up”, da un Alessandro D’Alatri in forma e un Andrea Arcangeli che incarna bene l’idealismo e l’ambizione, il dolore della vittoria, quando è contro il mondo. Una sorta di Steve Jobs all’italiana combattuto tra l’amore per la sua creatura, Egomnia, social network per lavoratori, e per la vita, con Paola Calliari e Matilde Gioli a incarnare le sue due anime. Una regia fresca e moderna, con un montaggio che nulla ha da invidiare al cinema internazionale, un’opera di genere e di formazione che ci racconta cosa saremo, se avremo voglia di rischiare. Una favola moderna ben raccontata e che può essere riassunta nella frase ironica e arrabbiata del protagonista: “Questi a Steve Jobs, in Italia, neanche il mutuo per la prima casa gli avrebbero dato”. E poi, aggiungiamo noi, lo avrebbero vampirizzato e schiacciato.


 

PERSONAL SHOPPER

Voto: 3,5
Genere: Thriller sentimentale
Regia: Olivier Assayas

Nella felicità di raccontare e di regalare immagini di ispirata bellezza, di sposare entrambe con una colonna sonora mai banale, incentrando poi il tutto su attori capaci di incarnare l’inquietudine e l’assenza, c’è tutto il cinema di Olivier Assayas, che per questo film ha conquistato il premio alla regia all’ultimo Festival di Cannes. Kristen Stewart è la personal shopper della diva Kira, assente per tutto il film, o quasi. E non è l’unica a tenersi nell’ombra: c’è Lewis, fratello che diventa forse un fantasma, un misterioso interlocutore che si palesa su uno smartphone e quel mondo di alta moda e negozi di lusso, privo di vita, ma pieno di replicanti. E la protagonista è una giovane donna intelligente che fa un lavoro che odia e a cui risponde con la sua elegante sciatteria, la sua ruvidità, e che ha in sé il vuoto, l’assenza, l’esigenza di assomigliare a qualcuno, fino a non essere se stessa. è un film intimista, un horror d’atmosfera, un thriller sentimentale? Chissà. 

 

 

LA MECCANICA DELLE OMBRE

Voto: 2,5

GENERE: spionistico

REGIA: Thomas Kruithof

 

Difficile capire se questa spy story da scrivania sia un’opera riuscita o incompiuta. E forse sono vere entrambe le cose, perché se il suo regista sa creare un hype degno di nota e un’atmosfera inusuale, ma azzeccata nel suo misterioso incedere, incentrato su un contabile pignolo e dal passato recente oscuro e oscurato dall’alcolismo e da un’improvvisa precarietà, è anche vero che l’evolversi fa appassire la forza della sceneggiatura, pur senza indebolirla troppo. Kruithof gira un’opera senza tempo, che anche 50 o 30 anni fa avrebbe trovato la stessa modalità di racconto, riprese, recitazione. Quest’uomo (Francois Cluzet) che si trova catapultato in un ufficio vuoto a trascrivere intercettazioni ambientali, con uno stipendio ragguardevole e che presto finisce al centro di un complotto internazionale ci affascina, ci disorienta, infine un po’ non gli crediamo più (peccato sia quando entra in scena Alba Rohrwacher, ottima in un ruolo scritto con superficialità). Ma nel finale lo ritroviamo, perché è pur sempre un antieroe che se la prende con quello che ci fa più paura: gli autoritarismi nascosti, in questo caso, dal potere ancora più vigliacco di questi anni.

 

PLANETARIUM

Voto: 0,5
Genere: Drammatico
Regia: Rebecca Zlotowski

La figlia di Johnny Depp e l’attrice più brava e bella di Hollywood, Natalie Portman. Chissà perché sembrava potesse bastare questo per creare attenzione e fiducia verso un dramma esoterico e sconclusionato, che Rebecca Zlotowski è riuscita a rovinare, nel girarlo, più di quanto fosse già stato fatto (e parecchio) in scrittura. Il colpo di grazia è però nel cinema che racconta il cinema, male, facendolo diventare l’incontro tra due fenomeni da baraccone: una bambina, medium, e appunto questo media in quegli anni ’30 ancora più vicino alla magia che a un’industria in ascesa. In più in un gioco di metafore e scatole cinesi, c’è anche il complesso rapporto tra l’Europa e gli Stati Uniti troppo lontani e però inevitabilmente attratti e forse bisognosi l’uno dell’altro. Poteva essere una storia avvincente e un po’ strana, è solo un papocchio poco equilibrato e decisamente mal riuscito. Che riesce a far recitare in modo mediocre persino una straordinaria attrice come Natalie Portman.

 



I MAGNIFICI 7 IN SALA

Fortunata: quando Sergio Castellitto ti scava l’anima non ce n’è per nessuno. Un trio d’attori d’eccezione fa il resto e tra loro troneggia una Jasmine Trinca mai così brava. Bella. E proletaria. 

The Start-Up: la storia di successo di un giovane geniale in un paese che odia chi ha pochi anni e troppe idee. Ma anche il racconto di come, qui, sia difficile primeggiare. E costi carissimo.

Personal shopper: Olivier Assayas ha scelto la sua nuova musa: è Kristen Stewart. E nel suo cinema in voluta crisi d’identità quel viso bellissimo e nervoso ci sta alla perfezione. Da vedere.

Moglie e marito: una commedia d’esordio per Simone Godano semplice e originale: e quanto sono sexy Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak quando si mettono nei panni dell’altro!

Fast & Furious 8: ci sono saghe che non ci stancano mai. Fast & Furious è prima diventato un cult, poi è passato per il trash, ora è entrato nella storia. E Vin è un’icona (turbo)Diesel.

La meccanica delle ombre: Cluzet è un attore raffinato e popolare, nel senso più ampio del termine. Qui si trova in una spy story particolarissima, non sempre centrata, ma affascinante.

Planetarium: chi troppo vuole nulla stringe. Questo proverbio sembra essere stato pensato per un’opera che parla di cinema, esoterismo, differenze culturali e donne. Malissimo, in tutti i casi. 


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