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Tengo io il telecomandoFinche' non saranno grandi, decido io cosa vedono i miei figli in tvMer 08 Apr 2009 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli
Ai miei figli, chi mi segue da più tempo lo sa, non lascio mai il telecomando in mano. Chiamatemi maniaca, ma, finché i calzoni che portano non saranno lunghi abbastanza, voglio controllare io ciò che guardano. Eppure, mai come nelle settimane in cui è infuriato il dibattito sulla vita e la morte di una ragazza imprigionata da un incidente stradale in un mondo sospeso, ho sentito il bisogno di censurare il dibattito che si è scatenato. Probabilmente anche Alessandro, il più grande, a quattro anni e mezzo non capirebbe nemmeno di cosa si sta parlando, cosa siano lo stato vegetativo, l’eutanasia e il sondino. Ma spegnere la tv o cambiare canale davanti a loro è un riflesso che non riesco a evitare, perché il dibattito su questa donna malata, che non voglio nominare per pudore, dopo che il suo nome è stato così a lungo strumentalizzato e sbandierato, è stato l’evento televisivo più pornografico a cui abbia mai assistito. Lo so, accalorarsi a discutere è lo sport nazionale più amato (sospetto che anche il calcio in fondo sia solo un pretesto per accapigliarsi), ma possibile che ci si debba dividere come tifoserie anche su un tema come la vita e la morte di una persona? Possibile che si debba dare fondo a ogni artificio retorico pur di affermare le proprie ragioni? Ci sono stati momenti davvero squallidi. Come il trasporto della donna da Lecco a Udine, quando un’attivista del movimento per la vita si è parata davanti all’ambulanza gridando “àlzati!”. àlzati? Ma come si fa a gridare alzati a una persona che è bloccata in un letto da 17 anni? Forse credeva che stesse distesa lì per pigrizia? Non parliamo di chi ha detto di tutto pur di dimostrare che era ancora viva e vitale, compreso che “potrebbe avere dei figli”. Oppure di chi, sul fronte opposto, tifava perché morisse. E, infine, degli improvvisati commentatori a “Porta a porta” e “Matrix” che si sentivano autorizzati a giudicare con leggerezza il dolore di una famiglia. |
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