Ciak, si gioca con i blockbuster “cafoni”
A credere nella bella stagione rimangono solo gli americani “fracassoni”
Gio 25 Mag 2017 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
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Aspettando il re
Voto: 4
Genere: Drammatico
Regia: Tom Tykwer
Le storie di chi si è fatto da solo sono quelle in cui l’immedesimazione dello spettatore avanza più potente e, a volte, con la loro capacità di empatia, sanno anche coprire alcuni difetti di un film. Immaginate se poi a interpretare un uomo che cerca il suo West (anzi, il suo middle East), la sua Frontiera in Arabia Saudita, c’è quel Tom Hanks che, proprio nelle opere in cui qualcuno doveva sfidare se stesso in una situazione limite e in non luoghi, sa dare il meglio. Pensate, poi, a Tom Tykwer, che certe storie, personalissime e allo stesso tempo ambiziose e grandiose, le ha sempre raccontate: da “Lola Corre” a “Cloud Atlas” (con i fratelli, anzi le sorelle Wachowski) passando per “The International”, ha sempre mischiato bene realtà, sovrastrutture e filosofia e persino spiritualità. “Aspettando il re” è una storia normale di riscatto personale, di sfida contro se stessi quando non si ha più nulla da perdere. E seppure non è un capolavoro, in modo solido ed efficace non delude, permettendosi umorismo, dolcezza, contenuti (l’Arabia Saudita, la sua cultura, l’integrazione di Alan sono viste con ironia e sensibilità) e qualche idea di regia niente male. E di questi tempi, sul grande schermo, non è poco.
Baywatch
Voto: 3
Genere: commedia
Regia: Seth Gordon
Solo i 40enni di oggi possono ricordare uno dei punti più improbabili toccati dalla tv italiana: il fanatismo quasi feticista per la serie tv pomeridiana “Baywatch,” che alimentò il mito Pamela Anderson e che fu figlio diretto del boncompagnesco “Non è la Rai”. La ricetta era la solita Mediaset: stacchi di coscia, seni prosperosi, sesso sublimato in innocenti, ma reiterati movimenti. Nel programma tv erano canzoni e balli, qui le corse di bagnini e soprattutto bagnine sulla spiaggia per salvare bagnanti ovviamente idioti, capaci di annegare in pozzanghere con la stessa facilità con cui a Cabot Cove o Gubbio si muore solo per far felici signore in gialle e don mattei. Si prendevano sul serio quei bagnini, neanche fossero i RIS, mentre il film capisce che la sua forza era l’umorismo involontario, che qui invece diventa consapevole al limite del demenziale. Certo The Rock al posto di Mr Supercar David Hasselhoff forse non rende al meglio, ma è pur vero che il primo ha forse più verve comica e anche una naturale predisposizione all’azione. Esattamente il mix cercato e ottenuto da Gordon. Film estivo per eccellenza, mantiene ciò che promette e vi farà vedere il vostro stabilimento con occhi diversi.
La mummia
Voto: 2,5
Genere: azione horror
Regia: Alex Kurtzman
Lo zio Tom (Cruise) ci ha rinunciato: basta ruoli d’autore, stop al sogno di un Oscar che all’Academy sono disposti a dare a Di Caprio, ma non a lui. è da qualche anno che è tornato a pigiare forte l’acceleratore dei blockbuster, dal suo franchise più amato (“Mission Impossible”) a un reboot di lusso come “La mummia”. Sentiamo la mancanza di “Operazione Valchiria”, opera sottovalutatissima e che ha quasi rovinato lui e Bryan Singer, ma va anche detto che il nostro eroe, con una smorfia di sorriso che gli fa da marchio da decenni, ha sempre il suo fascino, così come una mummia donna, l’incontrollabile e intrisa d’odio Sofia Boutella. Peccato che il resto non sia alla loro altezza, che la scrittura sia buona - bella l’idea di mischiare Iraq e antiche suggestioni, un bunker di terroristi che è in verità una tomba antica -, ma si vada disfacendo man mano che il film si dipana, con una lunghezza eccessiva rispetto ai suoi contenuti. Va anche detto che questo nuovo Universo Condiviso dei Mostri, però, inizia con il piede giusto: senza squilli di tromba, ma con un’opera che poteva cadere in varie trappole e invece si limita a zoppicare. Tanto c’è Tom che si fa amare comunque, pur non accettando il tempo che passa (lo staranno conservando con gli stessi preparati con cui mantenevano le mummie?).
Transformers - L’ultimo cavaliere
Voto: 1,5
Genere: azione fantascienza
Regia: michael bay
Confessiamo, non ce la facciamo più. Eppure eravamo dei fans di questa saga, dei giochi e della serie tv. Di tutto. Ancora adesso in un concessionario speriamo sempre che una macchina si trasformi in un robot. Ma questo quinto capitolo cinematografico ci dice che forse il filone d’oro di Michael Bay, esempio brillante di genialità e cialtroneria fracassona, si sta esaurendo. Perché con questo capitolo in cui la retorica delle razze che si incontrano e scontrano, quella familiare e infine pure quella visiva di un mondo destinato alla fine fin dal suo inizio, si esagera e si perde quella goliardia fantasiosa del passato. Sembra di stare ne “La guerra dei mondi”, ma senza tripodi e la genialità di narratori che sapevano tenere le redini di un’opera così. Bay invece fonde il passato con i disaster movie più trash, mettendoci un po’ di ragazzi della Via Paal e Mark Wahlberg, per non far sentire solo l’americano medio. Non ci si diverte, non ci si commuove, non ci si gasa. Anzi, a essere sinceri, ci si annoia e basta.
Wonder Woman
Voto: 1
Genere: Azione
Regia: Patty Jenkins
La storia della serie Wonder Woman è molto bella: nasce da una femminista che vuole mostrare l’altro lato del supereroismo, una femminilità forte contro la retorica e l’estetica del sesso debole. E il fatto che ci fosse Zack Snyder come produttore esecutivo lasciava ben sperare: non è uomo di sfaccettature, questo cineasta, ma di sicuro i suoi modelli femminili non sono mai banali nel loro essere sì sexy, ma soprattutto indipendenti e decisamente risoluti. Anche la scelta di Gal Gadot, stupenda e carismatica, lasciava ben sperare. Eppure, alla fine, Wonder Woman lascia di stucco per l’incapacità di appassionare, di vivere, sul grande schermo, in un’epoca decisamente più adatta ad accoglierla (decenni fa, invece, fu spesso censurata e discussa). Invece di darle una sua anima, lontana dai supereroi di allora e di adesso, la DC non fa che uniformarla, conformarla portarla dove, fin dalle origini, non voleva. Ne esce così un film scombinato e insipido. Tanto che ci verrebbe voglia di uscire dalla sala girando su noi stessi.
I MAGNIFICI 7 IN SALA
Aspettando il Re: Tom Hanks è una garanzia, soprattutto se deve fare l’americano medio rifiutato dal sogno americano, ma che si ostina comunque a cercarlo. Qui sa pure prendersi (un po’) in giro.
Baywatch: confessiamolo tutti, quei costumi rossi, le corse a perdifiato, gli schizzi d’acqua sono stati i momenti più alti di erotismo della nostra adolescenza. Ora siamo cresciuti e possiamo riderne.
Una doppia verità: c’è un genere che difficilmente fallisce al cinema: il legal thriller. Questo film con Keanu Reeves e Renée Zellweger non inverte il trend, anzi. Attori bravi, script di livello.
Codice Criminale: c’è Michael Fassbender. Per molte spettatrici è un motivo valido e sufficiente per decidere di vedere il film. Ma c’è anche Gleeson e una storia di una pecora nera sui generis.
La mummia: Tom Cruise ormai non si ferma più davanti a nulla. Capelli tinti, pelle tirata, fisico mozzafiato e voglia di fare l’eroe a tutto tondo, che sa rendere credibile solo lui. Missione compiuta.
Transformers 5 - L’ultimo cavaliere: meno shorts più caos, questo sembra aver pensato Michael Bay con il quinto capitolo di una saga ormai alla canna del gas. E ci ha tolto l’unica attrazione.
Wonder Woman: tanti i motivi per vedere Wonder Woman: Gal Gadot, Gal Gadot e Gal Gadot. Il resto è Capitan America che incontra Thor e la Sirenetta. Nei momenti peggiori e al femminile.
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