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Mass media bugiardi, rifiuto mondiale

Crolla la fiducia nei mezzi di comunicazione, neanche la metà della gente li ritiene credibili

Gio 25 Mag 2017 | di Francesco Buda | Media
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Senza verità non c'è fiducia. E l'una e l'altra sono strettamente connesse alla giustizia. Non è un assioma teologico o filosofico, ma il polso dei sentimenti sociali in giro per il mondo rispetto alle principali istituzioni. In particolare, ci si fida sempre meno dei media, i mezzi di comunicazione. 

Registrano un ulteriore crollo di stima nell'opinione pubblica: più della metà della gente non li ritiene credibili. Mediamente, solo il 43% delle persone al livello mondiale si fida di loro (48% in Italia). Nemmeno la metà. Quasi lo stesso discredito registrato dai governi, ritenuti credibili in media dal 41% della popolazione nelle varie aree del pianeta (ancora meno dagli italiani: 31%). Sono i risultati del barometro della fiducia, edizione 2017. 

Per i mezzi di comunicazione il dato è ancora più cocente, avendo perso più credibilità tra i quattro grandi soggetti considerati: le Ong, il mondo degli affari, i governi e i media. Nei confronti di questi ultimi diminuiscono del 5% coloro che li ritengono affidabili, rispetto all'anno precedente.
 
POST-VERITÀ? NO, INGIUSTIZIA E FALSITÀ
Questi dati suonano come conferma della cosiddetta post-verità: la nuova espressione dichiarata “Parola dell'anno” dall'Oxford Dictionary, il prestigioso dizionario britannico. Indica in buona sostanza che nell'influenzare la gente contano ormai più emozioni e sensazioni, l'impulso, ciò che sembra anziché i fatti oggettivi. 
Dopo il relativismo etico, insomma, anche il relativismo informativo. Ci si accontenta senza verificare. L'opinione pubblica si trasforma in opinioni del pubblico, in una grande messa in scena. L'uso del neologismo  “post-verità” è cresciuto del 2.000% in un solo anno (nel 2016) negli Usa e nel Regno Unito, dove è nato. E questo significa, al di là delle mode linguistiche del momento, che il problema c'è ed è pure bello grosso. Ma le motivazioni alla base del crollo della fiducia non sono affatto banali e riguardano il sistema nel suo complesso. Ci dice sempre il barometro della fiducia, che esamina 28 Paesi tra Europa, Asia, Asia, Usa e Sud America: 53 persone su 100 nel mondo e specialmente nelle democrazie ritenute più avanzate, ma evidentemente stanche, ritengono fallito il sistema nella propria nazione. I motivi? Lo sbilanciamento a favore di élite che si arricchiscono ingiustamente a scapito degli altri, la corruzione, l'ingiustizia sociale e politiche sbagliate. Oltre, ovviamente, al vizio della menzogna nel comunicare. La verità o c'è oppure non c'è,  non cambia col tempo. Altro che 'pre' e 'post'… 
 
TV E GIORNALI: CHE DISASTRO
Il declino più grave in termini di credibilità, lo registrano i media tradizionali, mentre sale il numero di chi stima i nuovi mezzi di informazione su internet (attenzione: non i social-media, che perdono reputazione anch'essi). 
Il barometro della fiducia elaborato dai ricercatori Edelman rileva che è scesa da 62 a 57% la quota globale dei cittadini che ritengono veritieri giornali, tv, radio e dintorni. 
È uno dei segnali più forti della crisi delle istituzioni in senso ampio, delle ‘verità’ preconfezionate, degli annunci fasulli, della gestione del consenso. Espressione forte e chiara anche del disincanto con il quale si guarda più in generale alle realtà precostituite e strutturate, spesso sedute alla cattedra della loro autoreferenzialità: era vero perché lo dicevano loro e loro lo dicevano perché era vero.
 
DIFFIDENZA VERSO LE FONTI UFFICIALI: CHISSA' COME MAI...
Nella monumentale indagine sulla fiducia che qui citiamo, è stato chiesto a ciascuno degli oltre 33mila intervistati: chi secondo te è più probabile che ti dica la verità tra le fonti ufficiali e quelle non ufficiali? La maggioranza si fida più di queste ultime. In particolare, tra fonti istituzionali e singoli individui, il 55% considera più veritieri i secondi; mentre tra le affermazioni della stampa privata e le informazioni frutto di fuga di notizie, il 64% dà più credito a queste ultime. Negli ultimi tempi hanno fatto scalpore al livello internazionale e hanno scosso governi e molti personaggi ricchi e potenti, i casi di Julian Assange, fondatore di Wikileaks, il sito internazionale che raccoglie soffiate e documenti sotto copertura, e il Consorzio internazionale giornalisti investigativi, che ha fatto scoppiare il recente scandalo dei Panama Papers sulla rete paradisi fiscali. Non mancano dunque giornalisti, blogger e altri comunicatori ed informatori seri. 
Ma troppe volte sono costretti ad operare tra minacce e pressioni. Capita anche a noi: certi articoli danno fastidio, di solito quando ci sono di mezzo i soldi e la politica. 
 
RITORNARE ALLA PERSONA E ALLA “RETE”  TRA PERSONE
Questi dati gridano che strutture ed organizzazioni non solo non bastano, ma sono drammaticamente lontane dalla verità e dal bene comune: la ricerca Edelman rileva che il sistema nel suo complesso è considerato valido e giusto solo dal 15% della popolazione interpellata nel mondo (vedi riquadro). La pensa così addirittura il 72% degli italiani. Invece, tra i soggetti considerati estremamente o molto credibili al primo posto ci sono “i pari”, le persone con le persone. È la categoria che ha perso meno credibilità nell'ultimo anno e ora sono considerati altrettanto affidabili quanto esperti, ricercatori e docenti universitari. Ma la fiducia in questi ultimi, però, spesso scribi e farisei in salsa scientifico-istituzionale moderna, si è sgonfiata di parecchi punti, insieme a manager, governanti e autorità pubbliche. Come per chi fa o dovrebbe fare informazione. 
 
MENO LAMENTI, PIU' COERENZA
Gli autori del barometro della fiducia individuano questo passaggio fondamentale: dal vecchio modello, in cui “le élite gestivano le istituzioni per fare cose ‘per’ la gente”, alla tendenza attuale, in cui “la gente rifiuta l'autorità costituita” verso un nuovo modello dove le istituzioni lavorano con le persone. Le istituzioni qui sono intese come poteri pubblici, società private e mondo degli affari, organizzazioni non governative e mass media.
In questo, un gran ruolo possono esercitarlo i mass media. A patto che non siano al guinzaglio dei soliti noti e/o di chi non ha a cuore concretamente la persona, la vita, il bene comune.  O che magari lo dichiara, ma non lo testimonia. Una possibile risposta, allora, è nel rafforzare l'integrità personale e gli scambi tra persone. Anziché cedere al disfattismo e al pessimismo, alle lamentele e alla diffidenza, ancora una volta ognuno è chiamato a riscoprirsi e partecipare, a cercare in sé e nell'altro il Bene e il Vero.

 



VITA DURA PER CHI INFORMA DAVVERO

Solo l'anno scorso, la relazione del Comitato per la protezione giornalisti conta 48 reporter morti in tutto il mondo. In Italia, nei primi tre mesi di quest'anno l'osservatorio Ossigeno per l'informazione ha documentato minacce contro 66 giornalisti, cui si aggiungono 41 casi di intimidazioni precedenti, ma emersi solo ora. Le minacce più frequenti si concretizzano mediante querele per diffamazione pretestuose, abusi del diritto, aggressioni e intimidazioni fisiche o verbali, denunce per danni campate in aria. In tutto, dal 2006 ad aprile scorso sono stati raccolti e verificato 3.192 casi del genere.  

 



Esperti sempre meno credibili

Non vi è argomento in cui, prima o poi, non spunti lui: l'esperto. Spesso sono personaggi davvero autorevoli e indipendenti. Ma tante volte hanno legami più o meno confessabili proprio nel settore su cui esprimono pareri. O magari passano dal ruolo di controllore a quello di controllato con inquietante disinvoltura. Non a caso secondo l'ultimo barometro della fiducia Edelman, gli esperti registrano la stessa affidabilità delle persone comuni. Di chi si fidano di più? “Di una persona come me”, rispondono 6 su 10. Stesso risultato riguardo agli “esperti tecnici” (il 7% in meno rispetto al 2016) e agli “esperti accademici” (-5% rispetto al 2016). Evidentemente, hanno lasciato il segno le bolle speculative e le tante notizie aggiustate, le ricerche e i risultati manipolati al soldo di aziende, lobby e politici. Su clima, farmaci, pesticidi, cibo, su salute e medicina ed altri aspetti si sente dire tutto e il contrario di tutto. Nella classifica dei soggetti ritenuti più credibili, seguono gli impiegati, gli analisti finanziari, i rappresentanti delle Ong, gli Amministratori delegati, i Consigli di amministrazione, e in coda i governi e le autorità di controllo. Tutti vedono scendere la percentuale di chi li stima. Più di tutti, perdono credibilità i capi delle società private (Amministratori delegati -12% e CdA -10%). 

 



Di chi ci si fida? 

Istituzione Mondo   Italia
Ong            53%    59%
Business            52%    55%
Media    43%    48%
Governo            41%    31%

Fonte Edelman Trust Barometer 2017




I media seguiti dagli italiani

 
Tv                     97,5%
Radio             83,9%
Quotidiani cartacei             40,5%
Siti web di informazione     40,5%
Settimanali             29,2%
Mensili             24,7%
Internet             73,7%
 
Fonte 13° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione 




Ci crede solo il 15%

Sistema fallito: italiani i più critici 

In 19 dei 28 Paesi esaminati nell'indagine mondiale sulla fiducia condotta dall'agenzia Edelman, la maggioranza delle persone pensa che il sistema sia fallito nel suo complesso: ne è convinto in media il 53% delle persone, mentre una su tre è incerta. Perciò solo il 15% ritiene che il sistema attuale funzioni. Quattro gli aspetti emersi: senso di ingiustizia (“sistema a favore delle élite le quali sono indifferenti al popolo, diventando più ricche di quanto meritino”); mancanza di speranza: (“chi lavora duro non è ricompensato; i bambini non avranno una vita migliore; il Paese non si muove nella giusta direzione”); mancanza di fiducia nei leader attuali e infine, almeno, desiderio di cambiamento. Il record della sfiducia nel sistema spetta a Italia e Francia: il 72% della gente ritiene che il sistema non funzioni. Ad essere disincantati non sono soltanto quelli considerati come “massa”, ma anche i ricchi, laureati e altamente informati: uno su due ritiene che il sistema non funzioni. 

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