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La voce degli oggetti

L'italiano Bruno Zamborlin inventa Mogees, una App per catturare il suono di tutti gli oggetti, trasformandoli in strumenti musicali unici

Mer 26 Lug 2017 | di Angela Iantosca | Attualità
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Che rumore fa la felicità? Per Bruno Zamborlin sicuramente ha il suono di Mogees, la App da lui inventata che trasforma gli oggetti in strumenti. 
Bruno è italiano, poco più che trentenne, ha una laurea in informatica e un dottorato in Tecnologie musicali, è musicista, da alcuni anni vive a Londra, ed oggi vende in più di 20 Paesi (Stati Uniti compresi), dopo aver raccolto 3 milioni di sterline di finanziamenti.

Partiamo dalla App: come ti è venuta l'idea?
«Sono informatico, ho fatto un Phd tra Parigi e Londra in machine learning, sono anche musicista e con questa App ho unito le due passioni. Tutto nasce dalla volontà di democratizzare la creazione musicale e renderla accessibile a tutti, provando a spostare un po' l'attenzione dallo schermo e dal mouse all'interazione con gli oggetti fisici attorno a noi. Volevo utilizzare il mondo intorno a noi ed estenderlo attraverso l'uso della tecnologia. Volevo aggiungere una componente visiva, improvvisativa e di spontaneità che la musica elettronica storicamente non ha. È solitamente vista come un tipo di musica ‘razionale’, lontana dal feeling di chi prende una chitarra e la suona la sera in spiaggia davanti a un falò. Mi dispiaceva che la musica elettronica non potesse avere questa freschezza. È da qui che arriva l'idea. Poi, durante il dottorato, ho realizzato un video nel quale andavo in giro per Londra a suonare vari oggetti: era il 2014 e questo video ha avuto un impatto mediatico che non mi aspettavo. È finito anche sulla BBC! La mia posta era intasata da richieste di acquisto e commercializzazione del prodotto. Allora ho pensato di fare una campagna di crowdfunding e sono arrivato a vendere 2000 pezzi in un mese. È stata una prova di mercato eccellente che mi ha permesso di far capire con i numeri in mano che il prodotto funzionava».

Così Bruno è arrivato a raccogliere due milioni di sterline, a cui nell'ultimo anno si è aggiunto un altro milione grazie a investitori stranieri, ma anche italiani.
«Grazie ai finanziamenti ho lanciato Mogees Pro, un sensore di vibrazioni in grado di trasformare qualsiasi oggetto in uno strumento musicale unico. La App è particolarmente apprezzata da danzatori, artisti e musicisti. I ballerini, per esempio, con Mogees, realizzano spettacoli di danza in cui il suono viene prodotto dai loro movimenti sul palco: al contrario di come avviene di solito, non è la musica che scandisce il passo, ma è il passo che si fa musica». 

Negli ultimi anni hai collaborato anche con Jean Michel Jarre e Rodrigo y Gabriela, i chitarristi autori delle musiche della serie “Breaking Bad”, solo per citarne alcuni. Senza dimenticare i più piccoli...
«Da Mogees Pro siamo arrivati ad una versione più semplice e meno costosa per bambini chiamata Mogees Play, che permette loro di entrare nel mondo della musica con fare giocoso, abbassando le barriere d'ingresso».

E nel futuro? 
«Manteniamo i due prodotti per i musicisti, per le scuole e i bambini. Contemporaneamente stiamo sviluppando un microchip wireless che permette di far funzionare Mogees senza bisogno di telefono o computer: presto potrà essere inserito in qualsiasi oggetto fisico che vogliamo rendere connesso e interattivo!».

Se fossi rimasto in Italia tutto questo sarebbe stato possibile?
«Ero già a Londra quando ho fondato Mogees, non posso sapere cosa sarebbe successo se fossi rimasto in Italia. Ci sono tante menti brillanti e tanti angels privati. Il problema è al livello Venture Capital: UK e Francia hanno instanziato più di 3 miliardi per le startup innovative solo nel primo semestre 2017, contro appena 75 milioni in Italia: meno dello scorso anno».                                                        

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