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La rivoluzione nel genere: che novembre!

Fortunato è quel cinema che non ha bisogno di eroi. è ciò che accade in questo mese

Ven 27 Ott 2017 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
Foto di 8

The Place

Genere: Dramma
Regia: PAOLO GENOVESE
Voto: 5/5

Una serie tv feroce. L’ispirazione di un regista italiano che, dopo “Perfetti sconosciuti”, è ormai l’erede principe della commedia all’italiana. Un dramma feroce, cinico, potente nell’illuminare il nostro lato oscuro. “The Place”, lo diciamo senza riserve, potrebbe e dovrebbe essere quel capolavoro che aspettiamo da un po’, quel film che spiazza (e spazza via) stereotipi e schemi, quell’intuizione geniale, che potrebbe cambiare anche le nostre abitudini di cinefili e cinematografari. Perché della serie “The booth at the end” ha solo, appunto, l’ispirazione: poi Genovese percorre sentieri che trovano in un sarcasmo sociale e morale nerissimo, in un Mastandrea ispirato -, ma anche Borghi, Puccini, Papaleo, Giallini, D’Amico e tutto il supercast - un sentiero narrativo imprevedibile, doloroso, stupefacente. Il resto lo fa una fotografia desaturata, una sceneggiatura cesellata in ogni particolare, la recitazione di questo “In Treatment” in cui non ci si apre, ma ci si chiude di fronte alla propria umanità, per un desiderio di troppo. E alla fine nessuno di noi saprà quale sarà il proprio posto.

Borg McEnroe

Genere: biopic
Regia: Janus Metz
Voto: 4/5

Una finale, Wimbledon 1980. Due uomini, due campioni così vicini e così diversi. Un biopic a due facce che ricorda “Rush”: dove l’uno è freddo e implacabile, l’altro è appassionato e imprevedibile. Due modi di vivere il mondo, lo sport, i sogni completamente diverso. E un regista che si mette al servizio di due attori in stato di grazia: il misconosciuto (qui da noi) Sverrir Gudnason, mimetico nel interpretare Bjorn Borg, il sorprendente Shia LeBoeuf che diventa, letteralmente, John McEnroe. Il tennis è ripreso benissimo - e non era scontato -, diventando il palco di un teatro in cui un protagonista e un antagonista non si risparmiano nulla; in cui i match diventano piéce shakespeariane, ma anche, allo stesso tempo, tragedie greche, con il pubblico e i comprimari a fare da coro. Se vi chiedete perché lo sport è meraviglioso, guardate questo film, intuitene le piste narrative e le opportunità di incidere nell’immaginario. Game, set, match.

Terapia di coppia per amanti

Genere: Commedia sentimentale
Regia:  Alessio Maria Federici
Voto: 4/5

Alessio Maria Federici è un regista d’amori e sentimenti, capace di indagarli senza banalità, di percorrerli e viverli senza mai sfruttarli. Qui, forse, ci regala qualcosa in più: non una commedia sentimentale diversa, ma capovolta. E se il vero amore fosse tra amanti? Il punto di partenza è il bellissimo e acuto romanzo di Diego De Silva, modificato e adattato con coraggio da Federici, che per il cinema lo porta altrove, intuendone perfettamente lo spirito. Ambra Angiolini, sempre più brava, e Pietro Sermonti, mai abbastanza apprezzato, trovano una chimica niente male, Sergio Rubini non gigioneggia (anzi lo fa, ma quando è giusto), nei ruoli secondari nulla è lasciato al caso, la storia di due amanti innamoratissimi grazie a questo triangolo non si ferma mai di fronte agli archetipi del genere (il pedinamento, la scoperta, le scenate). Piuttosto si cerca il sentimento vero, magari con l’analisi, laddove non dovrebbe esserci, si trova la delicatezza di chi si ama nonostante tutto. E quel ballo in un ristorante, alla fine, ci dice che resistere a se stessi è l’errore più grande. 

Addio Fottuti musi verdi

Voto: 3,5/5

E poi, alla fine, arrivano i The Jackal, quelli che t’hanno fatto divertire sul web per anni e provano, dopo averci lavorato tanto (Maccio Capatonda insegna), la via del grande schermo. Ti aspetti una serie di sketch ben collegati tra loro, ti ritrovi davanti un film vero e proprio. Che ha, sì, qualche sbavatura, qualche sfalsamento di ritmo tra commedia e azione, ma che è un’opera consapevole, che cerca nel genere, la fantascienza, quel gusto di far commedia altro e alternativo che hanno sempre avuto. è un esercizio d’ambizione notevole “Addio fottuti musi verdi”, non facile da immaginare e neanche da portare in sala. Ma questi ragazzi, fin dall’inizio, ci hanno insegnato che se si doveva far ridere, bisognava farlo bene, con intelligenza e avendo modelli di un certo livello. Qui c’è la precarietà che incontra gli alieni. E alla fine ti diverti, ti appassioni e anche il secondo livello di lettura non è affatto male. Fottuti Jackal, che bravi che sono.

I’m infinita come lo spazio

Genere: Biopic
Regia: Stephen Frears
Voto: 3,5/5

E poi ti chiedi perché non ci sono più donne come Anne Riitta Ciccone. Perché al cinema lo sguardo femminile è sempre incollato a schemi vetusti, perché non si sfrutta la capacità di chi, per abitudine e inclinazione, sa guardare oltre e altrove. “I’m infinita come lo spazio” è un dramma adolescenziale, il ritratto di una comunità di solitudini, un’Alice nel paese delle meraviglie e delle atrocità, un racconto musicale potente, un fantasy. è tutto, perché la cineasta in questione si è rifiutata di andare dov’è più comodo, preferendo piuttosto cercare nelle immagini, nella fantasia, nelle nostre dure realtà un mix di colori, note, inquadrature inusuali ed emozionanti. E così Guglielmo Scilla ci inganna per un film intero, Barbora Bobulova ci commuove incarnando una star ferita, sedotta e abbandonata dal successo, una band tedesca ci fa ballare. Tutto in un solo film. In un bel film che ci farà guardare dentro più di quanto vorremo.

 


I MAGNIFICI 7 IN SALA

The Place: Valerio Mastandrea è un uomo con cui si scende a patti per esaudire il proprio desiderio. Non è un genio, non c’è lampada. è il diavolo. “Potrei esserlo” risponde. Da urlo.

Borg McEnroe: le rivalità sono il sale della vita, dell’immaginario, dell’ambizione. Adamo contro Adamo: gli hanno dato una racchetta e hanno sollevato il mondo. Impossibile resistere. Campioni.

Terapia di coppia per amanti: Ambra Angiolini è dolce e sexy, Pietro Sermonti è maschio e splendidamente tonto. Federici, il regista, sa raccontare ciò che normalmente nascondiamo.

Addio Fottuti Musi Verdi: comicità, fantascienza, società. Solo quelli bravi sanno metterli bene insieme. E all’esordio i The Jackal se la cavano benissimo. Possono fare ancora meglio, però.

Justice League: Zack Snyder mette insieme gli eroi della DC Comics. Se la cava anche bene, se loro non difettassero troppo in carisma. Per fortuna sa disegnare perfettamente Gal Gadot. Almeno.

I’m Infinita come lo spazio: un’adolescente inquieta, una vicina di casa, Barbora Bobulova, splendidamente decadente. Un fantasy che mangia la realtà, un’opera musicale. Qui c’è tutto.

Amori che non sanno stare al mondo: Francesca Comencini è una grande regista. Fino a poco tempo fa al cinema (Lo spazio bianco compreso), ora in tv. Ma qui sbaglia tutto. Forse pure di più. 


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