LA CUBA CHE NON TI ASPETTI
La povertà, le razioni mensili di cibo, la dignità, le strade di fango, gli stipendi inesistenti e la musica che rende 'liberi'
Ven 27 Ott 2017 | di Testo di Angela Iantosca - Foto di Roberto Gabriele | Mondo
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Lo zaino pesa sulle spalle. Fisso la telecamera che un’impiegata mi ha indicato Osserva il passaporto, timbra il visto e mi lascia andare. Mi avvio verso l'uscita “nulla da dichiarare”. Davanti a me valige, zaini, carrelli colmi di oggetti. Chi controlla manda indietro chi proprio non può passare perché ha molto da dichiarare. Carrelli in senso contrario al nostro provano a farsi strada. I cubani che tornano in patria li riconosci dalla quantità di materiale che portano dalla civilizzata Europa o dagli Stati Uniti. Ad attenderli famiglie rumorose e felici di riaccogliere i propri cari. Si sbracciano, urlano, sorridono. Esco da quello che non ha nulla di un aeroporto di una capitale. Aria umida e calda mi investe insieme a quell'odore che mi accompagnerà lungo tutto il viaggio: l'odore degli scarichi delle macchine. Salgo sul bus dove trovo la guida Liù e l’autista Josè che aspettano me e i miei compagni di viaggio per iniziare questa avventura a Cuba.
L’INCONTRO CON L’HAVANA
L'Havana dista solo mezz'ora di strada. È buio: sono le 10 di sera e non riesco a vedere nulla. Le strade non sono illuminate. Arriviamo a L'Havana vecchia e il bus ci lascia in una via laterale: nella poca luce intravedo muri scrostati, palazzi sventrati, strade sporche. La musica arriva incessante: dai taxi, dai giovani che camminano con le radio in mano, dalle case e dai piccolissimi locali che vendono bibite o qualche prodotto locale. Sbircio nelle case aperte: tramezzi dividono appartamenti fatiscenti che si trasformano in più case da cui sbucano uomini, donne, bambini, culle e anziani. Una signora, la nostra padrona di casa, ci aspetta davanti ad un cancello bianco: entriamo, superiamo la cucina, su un divano un uomo anziano, fermo, osserva davanti a sé, ci sorride. Superiamo un cortile interno sul quale si affacciano le nostre stanze. Una ventola al centro della stanza muove l'aria calda, mentre in alto un condizionatore rumoroso spara aria fredda. L'acqua dalla doccia esce fredda e incerta: bisogna avere pazienza per quella tiepida. Posiamo le nostre valige e rimandiamo all'indomani qualsiasi considerazione: sulle nostre spalle abbiamo un viaggio di 13 ore da Roma a Madrid e poi da Madrid alla capitale cubana.
È ora di spegnere le luci.
COLORI SBIADITI DAL TEMPO
Alla luce del giorno quei palazzi scrostati che avevo intravisto al buio si mostrano con tutta la loro forza. I muri conservano un pallido ricordo del loro colore antico. Tra i vicoli mercatini, banchetti che vendono prodotti per i turisti: magneti, bamboline di legno, maracas, quadretti, targhe. All'odore di smog che in certi momenti diventa insopportabile si unisce quello di fritto. Banchetti provvisori vendono patate fritte e dolci simili a frappé, ma non lievitate. Mi avvicino ad uno di questi e acquisto per un Cuc, la moneta di scambio cubana, un cartoccio. La signora mi domanda se sono sola, se ho marito e se voglio passare una notte con un cubano… Mi allontano...
CAPITALE DAL 1606
L'Havana è capitale dal 1606 (prima era Santiago De Cuba): la decisione di cambiarla è dipesa dalla posizione dell'Havana, un centro che è molto cresciuto negli ultimi anni, anche da un punto di vista turistico, tanto che nel 2016 ha avuto 4 milioni di visitatori, motivo per cui sono stati costruiti nuovi alberghi e sono state aperte molte case particular. L'Havana Vecchia, patrimonio dell'Unesco dal 1982, è pulita e ben conservata. Gruppi di turisti sciamano tra le quattro piazze principali. Agli angoli delle strade, talvolta donne vestite con abiti colorati sono ferme, pronte per farsi fotografate a pagamento. A volte capita di incrociare donne vestite di bianco: non fotografatele perché stanno facendo un rito di iniziazione che dura un anno e che le obbliga a seguire una serie di regole rigide. Tra la gente, con discrezione, cammina la polizia: ragazzi giovani, che si muovono in coppia a garantire la sicurezza.
CROLLA UN PALAZZO AL GIORNO
Dalla fine degli anni Cinquanta non si costruiscono case e palazzi e quelli che ci sono non sono sottoposti a manutenzione e messe in sicurezza. Per questo a L'Havana cade un palazzo al giorno. Mentre passiamo con il nostro bus per le strade vedo una città ferita, le macerie nascondono storie, forse hanno anche distrutto vite. I palazzi spesso mancano di piani, di balconi, porte: all'interno i mattoni sono vivi, privi di stucco o vernici, delle tende creano stanze. Quando i palazzi crollano, le famiglie, se si salvano, si spostano in altri palazzi fatiscenti che occupano, in mancanza di altro. Rivedo le periferie italiane, ma c'è qualcosa di diverso a Cuba: una rassegnazione in più, una cappa che rende quasi impossibile una qualsiasi forma di ribellione. Il mondo qui si è fermato al 1959, a quella rivoluzione che ha portato una speranza che non si è trasformata in qualcosa di concreto, in una evoluzione, in un passo ulteriore. Tutto è immobile e i cubani sembrano attori di un film che si ripete sempre uguale e che non lascia intravedere cambiamenti.
MACCHINE, CAVALLI E BICI
I mezzi sono quelli degli anni Sessanta. Oltre le macchine colorate che si vedono nelle cartoline e nelle foto de L'Havana, e che sono per lo più taxi privati (li si riconosce dalla P sulla targa), ci sono i bus, poco precisi nel rispetto degli orari, ma anche i carretti trasportati dalle bici e dai cavalli (più frequenti nei centri minori e in campagna).
WI-FI: CHE CONQUISTA!
Internet è arrivato da due anni. Solo in alcune zone si riesce ad avere la connessione con il Wi-Fi: in alcuni hotel, in alcune piazze. Per accedere alla rete si devono comprare delle schedine che vengono vendute ufficialmente in alcuni alberghi e nei rivenditori autorizzati. Ogni schedina, che dura un'ora, può costare da 1,50 Cuc fino a 3 Cuc. Se siete in difficoltà nel reperirle, non vi preoccupate: nelle piazze in cui funziona il Wi-Fi trovate gli 'spacciatori' di schede che vi avvicinano con discrezione e vi consegnano la preziosa merce dietro compenso (contrattate sempre)!
I CUBANI FANNO FINTA DI LAVORARE
Per strada vedo moltissimi uomini e donne. Seduti davanti le loro case, immobili, osservano i turisti che passano. Mi domando cosa facciano tutto il giorno. Mi aiuta Liù a comprendere: “La maggior parte non lavora. E il detto è: i cubani fanno finta di lavorare e lo Stato fa finta di pagarli”, questa la risposta. Perché hanno stipendi talmente bassi da rendere inutile l'andare a lavorare. La retribuzione migliore è quella dei medici, che guadagnano circa 1200 pesos cubani, quindi circa 50 Cuc, cioè circa 50 euro al mese (i politici lavorano gratis). Lo stipendio medio è di 700 pesos cubani. Per andare al lavoro bisogna prendere i mezzi pubblici che spesso non passano. Una corsa in taxi costa 10 pesos cubani, troppo per chi guadagna così poco. Insomma, meglio risparmiare questi soldi e affidarsi o ad un parente, che manda i soldi dall'estero, o a quanto si guadagna con una casa particular, alla razione mensile di cibo, ai vicini di casa, piuttosto che andare al lavoro!
VERSO VIÑALES
Lasciamo L'Havana e ci dirigiamo verso Viñales, percorrendo l'Autopista nacional, la loro autostrada. Ce n'è solo una a Cuba, percorribile al massimo a 100 km orari. A circa 6 chilometri da Viñales, ci fermiamo alla Cueva Del Indio: una grotta scoperta cento anni fa al cui interno sono stati ritrovati disegni rupestri e resti archeologici risalenti alla cultura precolombiana. Quando arriva il nostro turno, saliamo su una barchetta a bordo della quale scopriamo le formazioni rocciose e le forme create dall'acqua all'interno della grotta. Il territorio è carsico e ricco di queste grotte nelle quali, nei secoli passati, si nascondevano gli schiavi quando scappavano. Finita la visita ci dirigiamo a Viñales, a quelle sue casette basse e colorate, con le sedie a dondolo su ogni patio. Per strada cavalli, carretti trasportati da cavalli, capre, galline. Ci fermiamo a mangiare, prima di prendere possesso della nostra particular, una casetta che sembra uscita dalle favole: il tetto basso, bianca e marrone, accanto a casette simili di tutti i colori, rosa, verde, azzurre, blu. La strada di fronte casa non è asfaltata, ma fatta di fango rosso, perché la terra qui è ricca di fierro. Lasciati i nostri zaini, muniti di scarpe da ginnastica, ci avviamo a calpestare quella terra, attraversando pantani, guadando ruscelli e osservando il cielo che cambia rapidamente colore. Arriviamo in tempo nel luogo in cui ci spiegano come si preparano i sigari cubani. Qui, mentre ascoltiamo la spiegazione, goccioloni enormi cadono sul tetto della capanna nella quale ci troviamo, fatta con foglie di tabacco e lamiera. La strada si trasforma in un fiume. Cade violenta e refrigerante la pioggia. Lampi e tuoni scuotono l'aria che si rinfresca. Il temporale dura una ventina di minuti. Aspettiamo che passi. È la natura che determina le nostre azioni e il tempo qui è un concetto relativo: è quello del raccolto, delle esigenze degli animali. Proseguiamo in mezzo al fango il cammino per raggiungere il successivo pit stop: una struttura nella quale ci spiegano come si fa il caffè e il ron (quello che noi chiamiamo il rum). Dopo aver assaggiato il vero ron riprendiamo la strada. Ci aspetta una cena a base di specialità locali: pescato, granchio, aragoste, riso bianco, riso con il caffè, con i fagioli e con l'ananas, oltre a frutta in quantità! Ma la serata non può finire così: deve proseguire nella piazza della città o alla Casa de la Musica, che è un po' come il nostro Bar dello Sport! In piazza c'è salsa cubana, reggaeton e gente che balla, dai bambini agli anziani. Non c'è discriminazione: quando si balla, si balla!
IL COMPLEANNO DI FIDEL
Se capitate a Cuba ad agosto, rischiate di festeggiare il compleanno di Fidel. A me è capitato a Viñales. Era la mezzanotte del 12 agosto quando la piazza si è fermata ed è cominciato l'inno nazionale. Tutti hanno smesso di ballare, si sono rivolti verso il palco sul quale è comparsa una torta gigante dedicata al dittatore estinto, che continua ad essere presente nelle scritte, negli slogan, in tv, tramite il fratello Raoul e sicuramente anche dopo le prossime elezioni in programma nel 2018…
LA BAIA DEI PORCI
Cambia il panorama e cambia il cielo. L'aria è umida e pesante. Stiamo arrivando nella Baia dei Porci, nella palude dove vive l'uccello più piccolo del mondo, dove le banane hanno un sapore meno buono rispetto all'Havana, dove la prima visita che facciamo è alla riserva dei coccodrilli, specie protetta, ma che poi trovi anche nei ristoranti, perché la carne è molto buona. Non sono molti gli abitanti di questa area, perché le condizioni di vita non sono ottimali, nonostante siano migliorate nel corso degli anni. C'è qualche casa particular, qualche albergo e qui i turisti si fermano soprattutto per dedicarsi all'osservazione degli uccelli e per le immersioni. Ci fermiamo a la Cueva de los Peces una piscina naturale situata nella penisola di Cienaga di Zapata dopo Playa Larga. Un luogo incantevole e bellissimo. Dopo un tuffo rapido, ci dirigiamo verso il mare per il nostro primo bagno: l'acqua è calda e intorno il Paradiso!
LA PAURA CHE RENDE IMMOBILI
La natura è forte, selvaggia, ricca. Distese di bananeti, piantagioni di tabacco e caffè. Strade dissestate e poco sicure, gente per strada che aspetta che passi qualcuno. Gente sui carretti. Carretti trainati da cavalli. Per dormire ci rechiamo a Cienfuegos. Dopo esserci sistemati nelle nostre case particular e la cena, faccio una passeggiata. Osservo la gente ferma davanti casa. Il tempo passa lento sopra le teste dei cubani. Un uomo rimane seduto a lungo sulla sedia a dondolo del mio patio. Guarda davanti a sé immobile. Quando si alza, come per chiedermi scusa, mi dice che stava pregando. E sparisce. Anche qui esiste un Dio, qui dove le strade sono di fango, dove una pensione arriva al massimo a 200 pesos, dove i bambini spesso non hanno vestiti puliti, ma dove non sentirai mai nessuno piangere o lamentarsi, qui dove la Natura ti ricorda che è lei che comanda, mentre la musica ti accompagna sempre. Cuba è ferma, senza volontà di muoversi, con quell'inconsapevolezza che a volte è un comodo abito di cui vestirsi, a volte è il risultato di quella politica degli slogan che ricordano sempre Fidel e quel socialismo che “rende possibile l'impossibile”. Ma cosa li spinge a star fermi? La paura - ci spiega la guida -, la paura di perdere quel poco che hanno.
LA TOMBA DEL CHE
Arriviamo a Santa Clara per far visita al Che. Il Mausoleo ospita i resti suoi e di ventinove dei suoi compagni uccisi nel 1967, durante il tentativo di Guevara di stimolare una rivolta armata in Bolivia, dove i resti del comandante furono trovati nel 1997. Presso il Mausoleo c'è un museo dedicato alla vita di Guevara e una fiamma eterna in sua memoria. Non si possono scattare foto alla sua tomba, che è indicata da una stella. È strano averlo lì a pochi centimetri. Lui, per il quale abbiamo spesso sfilato e di cui abbiamo cantato in mille canzoni. Lui, con quel suo sorriso, quel sigaro, quel camice. Lui e quei cinque figli avuti da due donne. Lo stomaco è chiuso e dentro qualcosa si muove. Ha senso vedere ora la sua tomba, alla fine del viaggio: quella tomba si carica di significati, di amarezza per ciò che poteva essere e forse non è stato, per quella miopia americana e locale. Per quegli embarghi che forse sono peggiori di una guerra. In una foto Ernesto lavora la terra con un aratro a mano: una foto di 60 anni fa che sembra scattata oggi, perché anche oggi i contadini arano così la terra. Ma forse qualcosa sta per cambiare o cambierà. Forse con le elezioni che porteranno alla sostituzione di Raoul Castro il cambiamento sarà repentino e produrrà danni irreparabili o forse non succederà nulla. Liù, quando la salutiamo, ci abbraccia con amarezza: chiede di ricordarci di lei e di Cuba, di tornare a trovarli, perché loro saranno sempre lì, sempre uguali, ad aspettarci, sorridenti, nonostante tutto.
LE CASE PARTICULAR
Una casa particular è una struttura a conduzione familiare cubana privata in cui viene data in affitto una stanza, con o senza bagno privato. Al mattino viene servita la prima colazione. L'attività può costituire un'occupazione primaria o un fonte secondaria di reddito della famiglia cubana, mentre il personale è costituito spesso dallo stesso proprietario della casa e dai membri della sua famiglia. Durante la bassa stagione si spende 15 euro al giorno, durante l'alta 30 euro. Casa particular ha iniziato a indicare un "alloggio privato" a partire dal 1997, quando il governo cubano ha permesso ai propri cittadini di affittare ai turisti le stanze delle case. Mentre qualsiasi altro tipo di alloggio a Cuba (come alberghi, campeggi e motel) è di proprietà del governo.
Cayo Santa Maria: meglio di Varadero
Il mare e le spiagge migliori sono al nord di Cuba. È lì che troverete quella sabbia bianca che è soffice come il borotalco, i resort e quei luoghi da sogno dove potrete anche voi entrare in una fotografia che sembra una cartolina.
Cayo si trova a 50 km dalla costa ed è collegata con una strada (la cui costruzione ha danneggiato non poco l’ambiente), qui non vive nessuno, ci sono solo hotel e discoteche. È un paradiso, lo diceva anche Fidel Castro, secondo il quale questa spiaggia è migliore della famosissima Varadero. La Cuba povera è lontana. Qui la gente si diverte, in mare vedi gente che beve rum e anche qualche coppia mista che si apparta. Rimaniamo tutto il giorno prima di riprendere il viaggio.
Alma de cuba
La campagna è il vero senso del viaggio
Testo e foto di Roberto Gabriele
C’è una Cuba che tutti conoscono, è la Cuba della Salsa e di tutti i balli caraibici che la fanno amare da milioni di persone in tutto il mondo. C’è la Cuba legata ai grandi Rum pregiatissimi che sono apprezzati dagli estimatori di 5 Continenti. C’è la Cuba famosa per Che Guevara e Fidel Castro e la loro Rivoluzione. Ma io voglio parlarvi del motore sociale dell’Isola Grande, di coloro che con la loro opera quotidiana rendono questo posto una meta imperdibile. Oggi voglio raccontarvi di quel popolo silenzioso e cordiale che vive tutto questo in prima persona in un luogo del mondo che sta crescendo in fretta. Per trovare la gente più vera e autentica, spesso, occorre allontanarsi dalle grandi città, andare nelle campagne dove si vive ancora come una volta tra antiche tradizioni e uno stile di vita semplice. Bisogna vivere per qualche giorno in un luogo lontano per ritrovare tutt’oggi quello che era il vissuto quotidiano dell’Italia del Dopoguerra. Cuba non fa eccezione: la campagna è il vero senso di questo viaggio.
Qui i ritmi sono legati al ciclo lento delle stagioni che segnano il tempo del lavoro nei campi. Ci si reca al lavoro su un carretto trainato da un cavallo oppure prendendo un autobus che passa senza orario. Ecco… il fascino più vero e autentico dei cubani è proprio la loro lentezza, il non avere stress.
La vita nella campagna riserva molte soddisfazioni a chi sia così curioso da volerne scoprire la luce calda del mattino quando il sole sorge nella rugiada e le ombre si stagliano in controluce sul cielo: qui è facile vedere i carretti che si dirigono nei campi trainati da un asino o un cavallo, vedere i ragazzi che vanno a scuola a piedi con le loro divise perfettamente pulite e con i colori diversi a seconda del grado di scuola che si frequenta: elementari, medie o superiori. Qui la sera si trova la vita della gente che scende in strada a chiacchierare, a fare una passeggiata tra fidanzati o un giro in bici con gli amici. In campagna la gente suona, ma non i ritmi caraibici ballabili, si sente più musica melodica e il repertorio alla Buena Vista Social Club…
UN PURO ROLLATO CON IL MIELE
In campagna ho trovato il meglio della gente di Cuba, in località piccole come a Vignales, a Pinar del Rio, nella Valle del los Ingenios... Sono posti relativamente lontani dal turismo di massa, lì dove ancora si riesce a vivere in modo tradizionale, dove un contadino può coltivare il tabacco da vendere alle grandi manifatture governative, ma può anche tenerne una parte per sé e farsi un “Puro” rollandoselo sul tavolo o direttamente sui pantaloni e poi incollandone le foglie esterne con il miele per dargli anche un sapore leggermente più dolce. Beh… di certo non sarà nè perfetto di forma, nè bellissimo a guardarsi, però quel sigaro sarà solo suo, la miscela di foglie necessaria per comporlo sarà un mix unico e irripetibile, fatto in casa. E qualche Puro può anche venderlo in privato, favorendo così una microeconomia con la quale potrà finanziarci qualche spesa extra per casa. Ho incontrato per puro caso uno di questi contadini in giro tra le campagne, non avevo una guida, nè un interprete, non parlo spagnolo e lui non parlava inglese, per cui ci intendiamo parlando ciascuno la propria lingua madre, convinti che le persone di buon senso se vogliono comunicare possono riuscirci anche solo a gesti. E così è andata! Dopo i normali convenevoli, gli ho chiesto se conoscesse qualcuno dal quale io potessi andare a casa a vedere come viene fatta la lavorazione del tabacco. Senza esitare mi ha invitato a casa sua per spiegarmi come viene fatta la coltivazione del tabacco, e naturalmente mi ha aperto tutte le porte senza alcun problema. Al mio arrivo tutta la famiglia, compreso il nonno ultraottantenne, stava lavorando per trapiantare le giovani piantine nel campo in cui cresceranno e daranno i loro frutti. L’operazione di piantumazione, banale nella sua semplicità e antica come il mondo, risulta essere per me una vera scoperta. Qui tutto viene fatto a mano, non c’è fretta di automatizzare, la lavorazione del tabacco da quando viene seminato a quando diventa sigaro dura un anno intero.
NELLA CASA DEL TABACCO
La “Casa del Tabacco” è una struttura a metà tra un essiccatoio e un magazzino: è un grande capanno di paglia stesa su un telaio di legno che riesce a creare al suo interno il giusto microclima per temperatura e umidità necessario alle foglie per essiccarsi in modo semplice e naturale, senza alcun agente esterno che ne velocizzi o rallenti il processo. La natura segna il tempo di ogni cosa. Un posto del genere è un po’ intimo, come una vera casa, perché qui vengono custoditi i beni più preziosi della famiglia: l’intero raccolto del tabacco che darà lavoro e guadagno a tutti per un intero anno fino al raccolto successivo. Ecco perchè entrare qui non è una cosa certa dato che entrando nella casa si dimostra al visitatore la propria capacità di reddito, visto che poi il 90% del prodotto andrà allo Stato e solo il 10% trattenuto dalla famiglia per uso personale.
ODORE DI BOSCO
Qui all’interno del capanno, le foglie sono perfettamente sistemate una per una, con la giusta quantità di aria che le avvolge, tutte infilate con il gambo all’insù. Rimarranno qui fino a quando verranno imballate in grossi pacchi e vendute alle manifatture statali. Non si sente ancora il tipico odore del tabacco qui, piuttosto qualcosa che ricorda il bosco in autunno, gli odori tipici del prodotto secco arriveranno poi con la lavorazione e la miscela. La mia visita si conclude con il rituale quasi sacro della produzione del sigaro. Il Puro, quello lavorato alla buona e fatto sul momento ad uso e consumo di chi lo produce per fumarselo. Il Puro viene prodotto con lo stesso sistema dei sigari industriali, solo che viene fatto con molta meno cura, non viene pressato al torchio, la sua forma e dimensioni non sono perfette ma questo non è un problema per loro: il sapore e la qualità non cambiano.
RITO PAGANO
Tutti i sigari, e quindi anche i Puri sono fatti con i diversi tipi di foglie della pianta che danno la giusta miscela e sapore, le foglie esterne sono diverse da quelle che si trovano all’interno: mi piace guardare, osservare e fotografare ogni sapiente gesto di quelle mani abili nel fare movimenti studiati, accurati, frutto di anni di esperienza… Mi affascina vedere le mani che lavorano e questa cerimonia pagana che si celebra sotto la tettoia della veranda di casa circondati da cani, gatti e una scrofa che allatta…
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