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Seychelles: l’Eden dell’Oceano IndianoColori e musica africana per la più importante manifestazione culturale dell’arcipelago delle SeychellesGio 30 Ago 2018 | di Testi e foto di Massimiliano Rella | Mondo
Ogni anno, a fine ottobre, nella lussureggiante Mahè, la più grande e popolosa isola delle Seychelles, i colori sgargianti del mondo creolo si fondono con i ritmi del Sega dance, una contagiosa musica dalle sonorità africane e malgasce, accompagnata da canti, percussioni, tamburi e note di strumenti a corda. Il Festival Kreòl (22-31/10) è la più importante manifestazione culturale di questo favoloso arcipelago, composto da 115 isole disseminate nell’Oceano Indiano nel raggio di centinaia di km, tra il Madagascar (a sud), le coste di Kenya e Somalia (a ovest) e le Maldive (a est).
Il Festival comincia con giochi all’aperto, banchetti d’artigianato, prodotti tipici e cibo da strada, sfilate coloratissime, danze improvvisate, serate teatrali e addirittura matrimoni tradizionali, in vari luoghi dell’isola. Un “carnevale” che è una miscela esplosiva di suoni, sorrisi, profumi e sapori e che coinvolge altri popoli dell’Oceano Indiano (Mauritius, Reuniòn, ecc). I momenti clou corrispondono però alla spettacolare parata d’apertura, con gruppi di creoli in costume che ballano ai ritmi Sega - di sera nello stadio di Victoria, la capitale delle Seychelles - e alla festa di chiusura nelle strade della cittadina fino all’alba. Un Eden nell’Oceano Indiano
Le Seychelles sono un paradiso e una risorsa naturale unica con oltre 2.500 specie di corallo, 320 specie di conchiglie, boschetti galleggianti di takamata, mangrovie, batatran e altra vegetazione tropicale, dall’albero del pane alle piante di vaniglia e cannella fino alla frutta, buonissima e sempre presente nella cucina creola: mango, cocco, papaya, giaca o jackfruit, frutti della passione, showershop (a pasta bianca con semi neri, dalle proprietà anti-cancro), jamalac (sorta di fiore rosa, croccante, delicato e fresco); ma anche “pompelmi” verdi abnormi e di buccia spessa e il bigarade, un piccolo dolce agrume ottimo per una spremuta rinfrescante. Fa caldo e ogni tanto è consigliata.
E che dire del curioso Coco de Mer, una “noce” che ha la forma di un pube femminile a grandezza naturale? A guardarla verrebbe da fantasticare che la vita, la natura, la genesi dell’uomo cominciarono proprio qui nella Vallée de Mai, in questo sito Unesco dell’isola di Praslin …
Dal mondo vegetale a quello animale non cambia musica. Troviamo tartarughe ultracentenarie ad Aldabra e sull’isolotto di La Digue, uno “scoglio” fantastico dove si pedala sotto le palme davanti a spiagge da cartolina poiché in gran parte dell’isola sono bandite le auto. Capita, così, di sorpassare in bicicletta una tartaruga che a passo lento, lentissimo, “guida” sulla stessa strada non asfaltata che gira intorno a La Digue.
Poi ci sono sono i pesci, tantissimi, multicolore, anche un po’ “strani”. Per vederli consigliamo una maschera da sub o un giro tra i banchi del colorato Victoria Market – esperienza di shopping imperdibile, fu costruito nel 1840 – pieni di pesci-pappagallo, jobfish (Aprion virescens), anche questi presenza costante della cucina creola.
Tra i volatili, invece, non mancano i pappagallini neri dell’isola di Praslin e i pipistrelli giganti che svolazzano all’imbrunire sulle nostre teste. Fanno un po’ impressione, ma non sono minacciosi. Lo siamo molto più noi umani, visto che anche i pipistrelli “condiscono” la cucina locale. Non abbiamo avuto il coraggio d’assaggiarli, ma sembra che siano buoni...
Nell’arcipelago ci attendono inoltre parchi marini nazionali (Aride, Cousine, Curieuse, Port Launay, Baie Ternay, Ile Coco, Aldabra) e terrestri (Morne Seychelles e Praslin National Park con la riserva dei Coco de Mer) e non mancano le novità. Tra queste, a Mahé, il giardino tropicale La Misère Exotics Garden Center mostra la flora e la fauna dell’arcipelago, lungo sinuosi sentieri tra 300 varietà di piante, circa 50mila fiori, camaleonti e tartarughe giganti di Aldabra. Mentre l’Eden Aquarium, dentro un centro commerciale, esibisce 33 vasche di specie rare di pesci, coralli, anemoni, stelle marine, lumache e cavallucci, murene e polpi. Una caratteristica dell’acquario è che riproduce i particolari ambienti marini: di Recif Island, di Fregate Island, di Bird Island.
…e gli italiani scapparono in Paradiso
“Quando scopri le Seychelles rischi di non tornare più a casa!”. Scherza – neanche tanto – Renato Longobardi, casertano di 75 anni, da oltre 20 sull’isola di Mahè, dove produce liquori e distillati. E non è l’unico che ha lasciato il Belpaese per volare in Paradiso. Abbiamo conosciuto le sorelle Alice e Luigina Vivaldelli, trentine di Riva del Garda, che in un chiosco sulla spiaggia di Beau Vallon vendono panini italiani. Per gli ingredienti s’approvvigionano da Mamma Mia, società dei fratelli bergamaschi Chionni, di Carlo Perolari e del cremonese Annibale Grasselli Barni, un sodalizio di manager d’albergo che sta facendo circolare prodotti tricolore in un arcipelago dove i vincoli economici e geografici impediscono sia le vacanze low cost che il mordi e fuggi del fine settimana.
Abbiamo conosciuto anche il siciliano Giuseppe Randisi, 47 anni, del bar-ristorante La Dolce Vita – ottimo l’espresso! - e il romano Dario Stefani, 37 anni, manager di un hotel a 5 stelle sull’isolotto di Silhouette. Insomma, se ogni tanto ci vien voglia di fuggire per ricominciare, il turismo delle Seychelles sembra offrirci una sponda.
Melting pot in salsa creola
I seychellesi, invece, sono il risultato di un curioso melange tra africani, inglesi, francesi, cinesi, indiani e malgasci; appena 90mila abitanti per il 90% concentrati a Mahè. Sono tante le isole disabitate, alcune abitate solo da uccelli, altre riservate a resort esclusivi, come Silhouette.
Fino all’XI secolo le Seychelles erano un Eden senza peccato originale. Poi furono “visitate” dai primi navigatori arabi e qualche secolo dopo dai portoghesi di Vasco De Gama, ma nessuno contaminò le isole fino al 1609, quando sbucò una nave inglese all’orizzonte. In seguito arrivarono i francesi e partì qualche cannonata. La storia narra anche della brutta pagina della schiavitù e di coloni indiani e cinesi approdati molto tempo dopo in cerca di fortuna; e naturalmente di commerci di spezie, cotone, tabacco, vaniglia. La leggenda aggiunge i pirati, il cui tesoro sembra sia nascosto a Bel Ombre, isola di Mahè, dove qualche credulone potrebbe aggirarsi di notte armato di pala, piccone e carriola…
Quest’eredità multietnica oltre che in cucina ha lasciato tracce nella cultura e in architettura. Nel centro di Victoria il Tempio Indù dedicato al dio della sicurezza e della prosperità (Arul Mihu Navasakthi Vinayagar) è tappezzato di sculture policrome, metà uomini-metà animali, e figura tra le principali attrazioni dell’arcipelago. Invece la Venn’s Town, detta anche Mission Lodge, dopo l’abolizione della schiavitù divenne da centro agricolo una scuola missionaria per l’educazione dei bambini liberi. Oggi i suoi resti abbandonati riposano tra alte piante tropicali mentre la “terrazza” ci regala una tra le più belle vedute di Mahè, dalla cima del monte Sans Soucis, sulla costa occidentale.
Il Paradiso non può attendere!
IL PERIODO MIGLIORE
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