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Liceo sì o liceo no?Quando arriva il momento della scelta quali criteri bisognerebbe usareGio 28 Mar 2019 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli
Tantissimi ormai dicono “iscriversi al liceo” al posto di “iscriversi alle scuole superiori”, come se il liceo fosse l’unica strada possibile. E per milioni di genitori è proprio così. Le storie di ragazzi esclusi dal liceo per le troppe richieste di iscrizione si moltiplicano. Nella richiesta di iscrizione si chiede ai genitori di indicare una seconda scelta, perché in tante zone d’Italia i posti disponibili nei licei sono di molto inferiori alla richiesta. Mi ha sorpreso scoprire che succede anche in posti come la provincia di Varese, dove la concentrazione di industrie manifatturiere è talmente alta che una valida istruzione tecnica è di gran lunga la scelta che dà maggiori possibilità di trovare un lavoro.
Noi genitori però siamo fissati con il liceo. I motivi sono tanti e non tutti irrazionali. Certo, c’è un fatto di status: la scuola tecnica viene vissuta come un ripiego, adatto a ragazzi che non hanno molta voglia di studiare e per questo non faranno tanta strada nella vita. La maggioranza dei genitori vede nel futuro dei figli l’iscrizione all’università come sbocco naturale e pensa che il liceo dia ai nostri ragazzi migliori possibilità di arrivare alla laurea. E nonostante le rassicurazioni e i consigli dei professori, le statistiche dicono che i genitori non hanno del tutto torto. Guardando ai numeri elaborati da Almalaurea si scopre che per certe facoltà il numero di laureati che viene ai licei è preponderante. Per Medicina arriva al 90%.
Di recente è anche circolata una ricerca dell’Associazione italiana di epidemiologia secondo cui chi studia di meno ha una probabilità di morire precocemente del 35% più elevata rispetto ai laureati. Alla bassa scolarità si abbinano, in base a questa ricerca, una maggior probabilità di contrarre malattie serie, come diabete e tumore. Non ho elementi per dire che questa visione delle cose non sia realistica, anche se tendo a mantenere un certo livello di scetticismo verso le statistiche, perché spesso la correlazione tra due fatti, pur provata dai numeri, è in realtà influenzata da altri fattori che le statistiche, semplicemente, non avevano preso in considerazione.
Ad esempio ,è interessante guardare a un’altra statistica: il titolo di studio dei genitori di chi è arrivato alla laurea. Si scopre, ad esempio, che nella facoltà di Medicina c’è il più elevato tasso di studenti che hanno almeno un genitore con la laurea. La spiegazione è semplice: la carriera di Medicina richiede un numero molto più elevato di anni di studio, per cui bisogna avere alle spalle una famiglia con mezzi sufficienti a mantenere i figli per molti anni. Dunque ecco un’altra correlazione: quella tra istruzione e ricchezza. Che però negli ultimi anni è un po’ andata in crisi, perché molte professioni intellettuali sono retribuite decisamente male.
Questa situazione è il prodotto perverso di un Paese che perde terreno dal punto di vista economico e da quello culturale. Non mi sento in grado di offrire soluzioni, né di fare la morale a quei genitori che pensano che se il figlio non va al liceo avrà un futuro misero. Penso solo che l’istruzione scolastica non sia l’unica in grado di fornire strumenti ai giovani. Conosco tanti laureati ignoranti e operai o artigiani che leggono e si informano.
Alla fine probabilmente, più che il liceo, è fondamentale che i ragazzi incontrino bravi insegnanti, l’unico vero ingrediente per una buona scuola. E penso anche che faremmo bene ad ascoltare i nostri figli. Siamo sicuri che garantiamo meglio il loro futuro, indirizzandoli verso lunghi studi che a loro non piacciono piuttosto che lasciarli imparare mestieri meno prestigiosi, ma che loro fanno volentieri? Certo, sarebbe importante che anche nelle scuole tecniche si insegni loro soprattutto come si studia, come ci si prepara e aggiorna per affrontare sfide lavorative sempre nuove. Tanto più che nessuno ha la palla di cristallo e può dirci cosa ci riserva il mercato del lavoro tra dieci o vent’anni.
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