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Fallire è un’esperienzaCome comportarsi quando a scuola non tutto va come previsto?Gio 30 Mag 2019 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli
A scuola andavo piuttosto bene. Anche se, a un certo punto della mia carriera scolastica, devo ammettere che mi sono un po’ lasciata andare ad altri interessi diversi dai libri. Ma l’aver accumulato solide basi mi ha aiutata a colmare le lacune successive. Ecco perché quando ho riportato i miei primi veri insuccessi, qualcuno minore al liceo, qualcun altro più grave all’università, sono rimasta sinceramente sorpresa. Non ci potevo credere: ma come, allora anche io posso fallire? Vista con il senno di poi è sicuramente una reazione presuntuosa, ma che ci volete fare? è quello che ho pensato all’epoca.
I genitori che hanno la fortuna di avere figli che navigano serenamente tra le materie scolastiche probabilmente non si rendono conto della fortuna che hanno. Perché per i ragazzi, fallire a scuola può essere un’esperienza decisamente dolorosa, davvero difficile da gestire. C’è qualcuno che, almeno all’apparenza reagisce con menefreghismo, come se accettasse i propri limiti nell’affrontare l’esperienza dello studio, cosciente che tutto sommato non ha successo perché non è una cosa che gli interessa. Ma per tanti, la reazione è un profondo malessere. I miei ragazzi se la cavano abbastanza bene per fortuna, anche se con alti e bassi. Conosco persone la cui vita si è trasformata in un percorso a ostacoli a causa dell’insuccesso dei figli. è una faccenda difficile da affrontare, per quei ragazzi che reagiscono accumulando la sensazione di frustrazione e inadeguatezza. Un’amica mi raccontava l’altro giorno che il figlio adolescente, tornato a casa da scuola le ha raccontato di aver preso un brutto voto in un compito di italiano. Lei ha fatto la cosa più naturale: si è detta dispiaciuta e poi ha cercato di consolarlo, dicendogli che avrebbe avuto modo di recuperare e che l’avrebbe aiutato. Il figlio ha reagito malissimo, aggredendola verbalmente: “Tu non mi vuoi bene, pensi che sia stupido!”. Sono discussioni da cui si esce tutti a pezzi.
Una psicologa americana dell’Università di Princeton, Eileen Kennedy Moore, spiega che “i figli proiettano i loro sentimenti su un adulto”. In sostanza, se si sentono frustrati, vogliono che anche tu ti senta come loro. Ma per noi genitori, tanto più amiamo i nostri figli, tanto più questo risulta difficile. La reazione istintiva, nella maggior parte dei casi, non è condividere quel sentimento, ma cercare di arginarlo. Perché avvertiamo che soffrono e il primo pensiero è cercare di fermare quella sofferenza, che fa star male anche noi. Secondo la professoressa Kennedy Moore, così non facciamo loro un favore. Un altro esperto americano, David Palmiter della Marywood University, spiega che la sofferenza è una parte realmente importante dello sviluppo umano. “Quando accade qualcosa di brutto - dice Palmiter - non cercate di sminuirlo, non correte subito a fornire la soluzione a tutto, non li private dell’esperienza della sofferenza”.
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