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Un 2020 politico e coraggiosoFilm di impegno civile, storie iconiche di donne: che inizio anno!Mer 08 Gen 2020 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
Sorry We Missed you
Genere: Drammatico
Regia: Ken Loach
Voto: 4,5/5
Non c’è narratore della povera gente, dei poveri diavoli più efficace ed empatico di Ken Loach. Affiancato dal fido sceneggiatore Paul Laverty, racconta di nuovo l’odissea dei lavoratori contemporanei, l’inferno in terra di chi vede la propria dignità umiliata dal capitalismo e, di conseguenza, salute e sentimenti inquinati dal dolore di una mancata realizzazione, anzi del minimo riconoscimento sociale del proprio valore. Si usano spesso gli aggettivi necessari e importante per il cinema di Loach, il che lascerebbe presagire una certa eccessiva retorica: la verità è che sono giusti e adatti per lui, che si prende il compito improbo di raccontare gli invisibili, coloro che tutti dimenticano, e di farlo senza sconti. Con partecipato dolore, ma anche con l’occhio clinico (ma mai cinico) dell’entomologo, Ken il rosso ci precipita nel loro dolore, nella loro lotta, nella loro ricerca di una sopravvivenza sempre più difficile, compilando da decenni una sorta di cinema antropologico e didattico, nel senso più vero e ampio del termine. Raccontare un rider, un corriere a domicilio, icona del nostro tempo infame, e sua moglie, parlarci dei suoi ritmi inumani e dei diritti che non ha, ci consente di indagare il consumismo dalla parte sbagliata, da quella che tutti noi vediamo, sulla soglia delle nostre porte, ma ci rifiutiamo di capire. Ecco, Loach ci costringe a guardare davvero cosa c’è sotto quel cubo di tela piena del cibo che noi non abbiamo voglia di cucinare, ci impone di fare i conti anche con le nostre responsabilità. Senza se e senza ma.
Piccole donne
Genere: Romantico
Regia: Greta Gerwig
Voto: 4/5
Ci voleva Louisa May Alcott, ci voleva “Piccole donne” per tirar fuori dalla musa del cinema indipendente, come attrice e ancora più come regista, un’opera ambiziosa e che ha finalmente il coraggio di non essere furba né anticonformisticamente alla moda. Greta Gerwig, di questo classico meraviglioso (che dovrebbero riscoprire anche e soprattutto i maschi), è stata avida e appassionata lettrice. Lo senti in ogni fotogramma, nell’amore mai maternalistico con cui tratta le sue attrici, donne coraggiose e fragili. Si trova tra le mani un kolossal, per budget e ambizioni (da Oscar) e ci dimostra, con complessa semplicità, che si può fare del raffinato cinema popolare con tanti sentimenti e nessun effetto speciale, in controtendenza con il mood imperante di Hollywood. Si sceglie un cast su misura, con i talenti migliori della generazione successiva alla sua: Saoirse Ronan, l’indomita Jo March, femminista prima di sapere di esserlo, Timothée Chalamet (che qui è Theodore Laurie Laurence) già protagonista per Guadagnino e Allan, la bravissima Emma Watson (che per l’occasione ha comprato 2000 copie del volume e le ha sparse per il mondo) e Florence Pugh. Poi Laura Dern, la mamma delle sorelle March, e Meryl Streep nelle vesti della stizzosa zietta, a impreziosire il tutto e tirare le fila. Il risultato è quello sperato: rispolverare un classico e restituircelo in tutta la sua romantica e vera attualità.
18 regali
Genere: Drammatico
Regia: Francesco Amato
Voto: 4/5
Chi scrive non è, e sbaglia, molto abituato a piangere. Lo ha fatto, però, quando lesse della storia di Elisa Girotto, triestina che sconfisse la morte. Sapendo di avere poco da vivere, impegnò i suoi ultimi mesi per trovare 18 regali che accompagnassero la figlia piccola, allora di un anno, alla maggiore età. Al cinema abbiamo già pianto con queste storie, dal bellissimo “My Life” con Michael Keaton e Nicole Kidman in cui il primo, in attesa del figlio, scopre di avere un tumore e decide di registrare dei messaggi per lui, fino al bruttino “P.S. I love you”, con Gerard Butler e Hilary Swank che trasforma la loro storia d’amore in una resurrezione-caccia al tesoro. Qui però c’è la sensibilità mai retorica di un ottimo regista alla sua opera seconda, c’è la bravura di un Edoardo Leo sempre più maturo, l’algida tenerezza di Vittoria Puccini, la bellezza fresca e dolce di Benedetta Porcaroli a costruire un quadro familiare in cui l’amore, semplicemente, è più forte della più amara delle perdite. Elisa aveva solo 40 anni e come ultimo regalo dona alla sua Alice ciò che c’è di più importante: la forza di combattere contro tutto e tutti.
Herzog Incontra Gorbaciov
Genere: Documentario
Regia: Werner Herzog e Andre Singer
Voto: 3,5/5
Un film di Herzog è sempre un’esperienza potente, coinvolgente, straniante. Un suo documentario è sempre un viaggio. Nella storia, in questo caso, perché in 6 mesi l’anziano e prolifico cineasta incontra per tre volte l’87enne Michail Gorbačëv, l’uomo che vide svanire l’Unione Sovietica, fu profeta del disarmo nucleare e consentì al mondo di liberarsi dal comunismo sovietico, superpotenza che aveva drogato e deviato i valori rivoluzionari per costruire uno statalismo violento e imperialista. Herzog, che è regista sensibile, attento, ossessionato dall’uomo e dalle sue scelte, parla senza filtri con questo protagonista della nostra storia, affianca alle loro chiacchierate riprese sempre da molto vicino - e con un Werner mai neutro ma anzi ammiratore dell’uomo che intervista (più rigoroso di Oliver Stone con Fidel Castro, ma altrettanto affettuoso) - una serie di testimonianze di altri giocatori di quella partita, uomini che ai tempi del vate della Perestrojka occupavano posti cruciali nello scacchiere internazionale. Ne esce un ritratto partecipato, profondo, affascinante che ci dice molto di quello che siamo stati, saremmo potuti essere e di quanto certe esperienze, forse, ancora non le abbiamo capite.
Resistance
Genere: Biopic
Regia: Jonathan Jacubowicz
Voto: 3/5
Un biopic dell’uomo che meno ha parlato di sé, essendo un mimo, ma che ha vissuto molte vite. Un sospetto che abbiamo avuto sin da quando quegli occhi ipnotizzavano quanto i suoi movimenti, con la loro malinconia incontenibile, ma anche con la profondità di sguardo di chi sa cos’è l’essere umano, anche nei momenti più difficili. Che fosse stato un elemento di spicco della resistenza, che avesse avuto 3.000 soldati come primo grande pubblico, però, di Marcel Marceau non lo sapevamo. E che fossero 10.000 i bambini salvati grazie (anche) al suo impegno di concerto con i partigiani francesi, ancora meno. Jesse Eisenberg interpreta l’artista, ancora in nuce (solo dopo studierà per diventarlo), negli anni meno conosciuti e più complessi, lo fa con la solita capacità mimetica, al limite dell’ossessione, con quel misto di durezza e delicatezza che ha disegnate già nei lineamenti. Il risultato è un biopic particolarissimo e non sempre con il giusto ritmo, ma estremamente interessante.
I MAGNIFICI 7 IN SALA
Sorry we missed you: Loach sa raccontare gli ultimi come nessun altro. E sa far vergognare tutti noi dello sfruttamento endemico che procuriamo, con i nostri gesti quotidiani. Necessario.
Piccole donne: Greta Gerwig finora aveva trovato una sua dimensione nella Sinistra radical chic newyorkese, tutta Baumbach e bianco e nero. Ora però diventa regista e autrice vera. Da applausi.
18 regali: una madre scopre di avere una malattia implacabile. Ha 40 anni e una figlia di uno. Passa le ultime settimane a farle i regali da scartare fino alla maggiore età. Piangerete tanto.
Tolo Tolo: Checco Zalone in Africa, o così dicono. C’è il più stretto riserbo sul nuovo film del campionissimo d’incassi, per ora ci siamo goduti solo le polemiche sulla canzone “Immigrato”.
Herzog incontra Gorbaciov: Werner e Michail, un regista e l’uomo politico più importante del XX secolo, un colloquio profondo e affascinante, quanto quelli con chi l’ha conosciuto e aiutato.
Hammamet: fa impressione la mimesi con cui Pierfrancesco Favino è riuscito a impersonare Bettino Craxi. Caduta e declino di un re e di tutto ciò che ha rappresentato, nel bene e nel male.
Resistance: Marcel Marceau mimo, ma anche eroe di guerra, Jesse Eisenberg impersona il più indecifrabile e iconico degli artisti in quella gioventù in cui salvò 10.000 bambini dall’orrore.
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