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Con Suzuki si suona giocando

Lezioni di musica insieme ai genitori e piccoli esercizi quotidiani: ecco il segreto dell’Orchestra Suzuki di Torino con bimbi dai 6 ai 16 anni

Lun 30 Mar 2020 | di Manuela Mareso | Attualità
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E' la più giovane orchestra da camera d’Europa, composta da 50 ragazzi di età compresa tra i sei e i sedici anni. Con oltre 300 concerti all’attivo in 40 anni di attività – la maggior parte per cause benefiche – l’Orchestra Suzuki di Torino continua a stupire per il virtuosismo dei suoi musicisti. Ma sbaglia chi pensa che si tratti di piccoli geni: il loro segreto sta nello studio precoce dello strumento, che inizia ai 3 anni di età con un metodo rivoluzionario basato sull’imitazione e sul coinvolgimento totale del genitore nel percorso di insegnamento. “Si impara a suonare così come si impara a parlare”, ecco l’estrema sintesi del metodo del giapponese Shiniki Suzuki, portato in Italia alla fine degli anni Settanta da Antonio Mosca, storico fondatore insieme alla moglie Lee Robert dell’Accademia Suzuki e direttore dell’omonima Orchestra (di recente affidata al figlio Marco, violoncellista del Teatro Regio). Oggi le scuole accreditate su tutto il territorio nazionale sono oltre 40 e circa 200 gli insegnanti certificati. Liviana Pittau, attuale direttrice dell’Accademia di Torino, ci spiega la portata educativa del metodo.

Liviana, in che cosa consiste il metodo Suzuki?
«In un esercizio di costanza e tenacia. Con un piccolo sforzo quotidiano, si ottengono negli anni risultati straordinari senza che il bambino faccia fatica. Si inizia a 3 anni con un corso di ritmica e a 4 si suona lo strumento. Quando dico “si suona” intendo che si eseguono già dei veri e propri brani».

Niente bambini che sbuffano per fare gli esercizi?
«Intendiamoci: qualunque bambino preferisce giocare piuttosto che suonare. Ma il metodo Suzuki si basa molto sul gioco, dunque il peso dello studio si sente meno. Il percorso inoltre si basa su una relazione a tre: insegnante-genitore-bambino. Una parte importante del peso viene retto dal genitore, che partecipa a tutte le lezioni: è lui che deve fidarsi totalmente dell’insegnante e organizzare la propria vita familiare ritagliando piccoli spazi quotidiani per la musica.

Che tipo di genitori sono quelli che investono in questa educazione musicale?
«Sono persone capaci di trovare uno spazio nella frenesia della routine familiare, sempre più vorticosa. Persone che scelgono di dedicare del tempo di qualità ai propri figli, disposte a fare dei sacrifici e delle rinunce per immergersi in un percorso che va ben oltre la musica, ma riguarda la formazione del bambino generale. Oltre a uno sviluppo neurologico vivace, che porta dunque beneficio in tutte le attività intellettuali del bambino, c’è un’importantissima componente di crescita civica ed etica che si sviluppa grazie a una nostra attività peculiare, che è l’attività di orchestra. L’orchestra è una palestra di democrazia, si impara ad ascoltare gli altri, a farsi ascoltare, a rispettare i tempi di tutti, si impara ad aspettare. Un esercizio fondamentale di questi tempi».

In tanti anni di insegnamento, quali cambiamenti vedi nei bambini?
«I bambini non sono cambiati è cambiata la società e siamo cambiati noi genitori, molto più invasivi e ingerenti. Siamo tuttologi, vogliamo sostituire il pediatra, gli insegnanti, anche quando le competenze non le abbiamo. I bambini risentono molto di questa cosa. Nella mia classe, la prima persona che “educo” è il genitore, non il bambino. Cerco di trasmettergli la modalità di approccio vincente, e lui deve fidarsi di me, altrimenti non funziona. E in questo devo dire che riscontro sempre maggiori casi in cui faccio fatica, registro negli ultimi anni un aumento di persone non solo più rigide, ma anche sempre più di corsa, distratte. I bambini sono lo specchio della società, ne subiscono e ne riflettono i cambiamenti. Noto due derive preoccupanti: l’aumento di ansia, che io riscontro in particolare nei piccoli che vivono le sempre più frequenti separazioni familiari o che hanno genitori estremamente competitivi, e la sempre maggiore difficoltà ad usare le mani. Trovo bambini con mani deboli, senza forza, conseguenza del poco gioco all’aperto e delle troppe ore passate davanti a dispositivi elettronici. Studiare uno strumento con il metodo Suzuki vuol dire remare contro l’omologazione imperante».                                            

 


METODO CERTIFICATO

Tutte le info sul metodo Suzuki e l’elenco delle scuole e degli insegnanti certificati su:
www.suzukicenter.it
https://www.metodosuzuki.it/
 

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