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Neri Marcorč: L’illusione della reteIl surreale, i giovani, la rete e quel diploma da interprete parlamentare messo da parte per il mondo dello spettacolo...Lun 27 Apr 2020 | di Nadia Afragola | Interviste Esclusive
Di lui si ricorda prima di tutto lo sguardo sornione, poi la simpatia, subito dopo viene il talento. Parliamo di Neri Marcorè che prima che l’Italia si fermasse a causa della pandemia da Covid-19 era in giro per lo stivale con i suoi spettacoli (“Tango del Calcio di Rigore” e “A Spasso con Neri”), le sue imitazioni, la sua musica. «È un’emergenza che ha messo alla prova il nostro senso civico – dichiara, raggiunto telefonicamente -. In Italia si pensa sempre che le regole le debbano rispettare gli altri, che non riguardino noi. E questo non vale solo per il virus, ma per tutto. Si fa fatica ad adattarsi a cambiamenti radicali, ma per la salute di tutti sono necessari». Si ferma il Paese, come è giusto che sia, ma gli artisti continuano a raccontarci la bellezza di un mestiere che se fatto bene è in grado di farsi arte.
Si è diplomato interprete parlamentare di inglese e tedesco, perché poi scelse la carriera televisiva? Come si costruisce un’imitazione?
«Le mie caratterizzazioni hanno aspetti surreali. Cerco di trovare una chiave comica non immediata, non mi fermo alla riproduzione fonetica e mimica. Aggiungo aspetti divertenti, verosimili, non veri, ma in linea con il personaggio imitato. È fondamentale l’uso del corpo ed anche in quell’aspetto cerco di metterci del mio, calcando la mano su determinate movenze o colorando e integrando gli atteggiamenti, rimanendo sempre nel limite della credibilità. L’imitazione deve essere etica, non offensiva e non colpire faccende personali. Quando c’è il rispetto per la persona imitata, ride con te, non coglie nessun intento malevolo e in alcuni casi addirittura prende parte alla gag, come è stato per Alberto Angela. Con lui ad esempio ho lavorato sugli aspetti legati alla divulgazione scientifica, all’archeologia, alla preistoria, il tutto rivisto in chiave ironica. Con il Primo Ministro Giuseppe Conte, l’intento era quello di ridurre la classe politica ad un condominio, con i vari vicini di casa che battibeccavano su quisquiglie, portando lo scambio tra fazioni ad un livello surreale».
Cosa c’è di surreale in quello che fa? «Ecco, questo è un aggettivo che mi rappresenta, con cui mi trovo a mio agio. Mi appartiene. Perché il mio approccio dal punto di vista artistico è di tendere verso prospettive decentrate, diverse dal naturale punto di vista con cui ci si potrebbe approcciare. Non guardo mai le cose in maniera centrata e di solito le strade che mi convincono di più non passano mai da un percorso scontato».
Parla spesso ai giovani. Nelle scuole e nei workshop. Come sta il nostro futuro? «Parlando coi giovani ho capito che non sono loro a cambiare in base al periodo storico, ma è la loro voglia di mordere la vita e di affrontarla con entusiasmo, a cambiare. Il vero nemico non è da rintracciare nella società che non lascia spazio di crescita, ma nella mancanza di mordente e di vitalità tipico della gioventù. Chi ha vissuto il dopoguerra, fatto di privazioni e di sacrifici, ha cercato di dare ai propri figli tutto quello che a loro non era concesso. Questo ha innalzato la qualità della vita ed ha dato il via ad una generazione di giovani che non sentivano la necessità di creare qualcosa di migliore, perché avevano già tutto il benessere necessario. In un certo senso sono stati bloccati nelle loro aspirazioni ancor prima di aver modo di capirle».
I social network, la rete invisibile che ci avvolge, hanno realmente accorciato le distanze come dicono? «Hanno l’indubbio vantaggio di veicolare un messaggio in tempo reale a tutto il mondo. Non credo però che abbiano paradossalmente avvicinato le persone, perché il problema è sempre l’uso che se ne fa e l’illusione che possano sostituirsi ai rapporti interpersonali è appunto un’illusione».
Cosa è la satira? «È un modo di riflettere, ridendo. Allo stesso tempo è uno strumento di informazione che ti offre punti di vista a cui magari non saresti arrivato. È una forma di pensiero che passa attraverso un sorriso».
Gli iniziIl suo esordio nel mondo dello spettacolo risale al ‘90. È nel cast di “Stasera mi Butto” e subito dopo, in quello di “Ricomincio da Due” con la Carrà. A 27 anni inizia la sua carriera teatrale che va di pari passo con quella televisiva, radiofonica e di doppiatore. Sul grande schermo arriva nel ‘94 con “Ladri di Cinema” di Piero Natoli, in concorso al Festival di Venezia. Nel 1997 con Corrado e Sabina Guzzanti, lavora nel “Pippo Chennedy Show”, seguito da “La posta del Cuore” nel ‘99. Nel 2001 è tra i protagonisti dell’esilarante trasmissione di Raidue “L'ottavo Nano” e nel 2003 si afferma anche nel cinema diretto da Pupi Avati ne “Il Cuore Altrove”, ottiene una nomination come Migliore Attore Protagonista ai David di Donatello. Il resto è storia nota.
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