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Johnny Depp: il mio primo amoreIl primo amore di Johnny Depp è la musica. E per celebrarlo oggi il divo ribelle produce il documentario “Crock of gold”Lun 26 Ott 2020 | di Alessandra De Tommasi | Interviste Esclusive
Johnny Depp ha tanti sorrisi diversi, ma uno solo gli spunta spontaneo sul viso prima che riesca a trattenerlo o camuffarlo in una delle molte maschere che indossa al cinema. Quest’espressione è un misto di entusiasmo adolescenziale e orgoglio trattenuto a stento e viene unicamente riservata al suo primo, unico e più grande amore, la musica.
Lo ammette lui stesso: ha fatto l’attore quasi per caso, ma la paga era buona e poteva comunque continuare a suonare nel tempo libero. Lo stile di vita dispendioso da divo ribelle ha richiesto sempre un certo margine di spirito pratico: qualcuno, a fine giornata, doveva pur pagare i conti (di qualunque natura essi siano). E così il riluttante giovane artista scapestrato si è trasformato in un acclamato divo di Hollywood capace persino d’incarnare eroi o antieroi per i più piccoli, da “I pirati dei Caraibi” ad “Alice nel paese delle meraviglie”. Queste scelte di copione sono nate in parte grazie alla paternità (Lily-Rose e Jack John, nati dalla relazione con l’attrice e cantante Vanessa Paradis, dopo il divorzio da Lori Anne Allison e prima del matrimonio-lampo con Amber Heard). Ma importa davvero? Adesso, come racconta al Festival di Zurigo, fa quello che gli pare con le persone a cui tiene davvero e così ha prodotto “Crock of gold”, sul musicista irlandese Shane MacGowan. Con l’avanzare dell’età sta diventando sentimentale?
«Potrebbe essere, infatti questo film mi sembra una lettera d’amore ad un vecchio amico, uno a cui per inciso decenni fa era stata data appena una settimana di vita».
Siete stati compagni di sregolatezze? «Anche, ma non potrò dimenticare il momento in cui l’ho conosciuto grazie alla moglie e mi ha invitato nel suo studio di registrazione che a quei tempi sembrava un pub. Mi si è presentato ondeggiando, con una chitarra da una parte e una pinta di birra nell’altra mano, sembrava un metronomo. Mi colpisce per l’anima sensibile che lo accomuna ai grandi poeti come James Joyce, Edgar Allan Poe e Charles Baudelaire».
Che rapporto ha lei con la musica? «Mi considero un musicista dall’età di 12 anni, a 13 già mi esibivo nei nightclub e a 15 ho mollato la scuola per trasformare la musica in un lavoro. È a tutti gli effetti il primo vero amore della mia vita. Dei film all’inizio non me ne fregava niente, ma mi davano 80mila dollari alla settimana e non avrei potuto permettermi di rifiutarli. Sapevo che non ne avrei fatto mai una carriera e mi sono detto: “Perché no?”. Ma poi le cose sono cambiate».
In che modo? «Ho pensato che avrei potuto trovare un modo tutto mio di approcciarmi alla recitazione, volevo essere un attore punk rock, non uno di quelli pomposi e compiaciuti che parla di metodo. Insomma, mi piace fare di testa mia, anche se dopo l’esperienza in tv con “21 Jump street” volevo mollare tutto».
Cosa le ha fatto cambiare idea? «Ho capito che potevo appassionarmi alle storie e che c’erano personaggi profondi sull’orlo del baratro, combattuti, messi all’angolo e vicini al fallimento. A tutti loro avrei potuto dare voce e l’ho fatto. Mi piace spingermi sempre oltre e se mi dicono di darmi una calmata poi faccio anche di peggio».
Cosa consiglia a chi vuole fare l’artista oggi? «Sento dire spesso che il desiderio più grande è quello di essere famosi o fare soldi facili, ma io non lo capisco, per me non ha senso perché la fama non è reale. A me del box office non è mai fregato niente, abbraccio progetti in cui credo e hanno senso».
Che ruolo ricopre oggi la musica per lei? «Resta il modo più veloce e autentico per accedere alle mie emozioni e anche per attivare il mio processo creativo. Pensa ad una canzone della tua infanzia: la ascolti e riporta immediatamente allo stato d’animo che avevi da bambino. Ecco perché le note pervadono il mio quotidiano ininterrottamente».
Qual è la molla che la fa andare avanti oggi? «L’amore per l’umanità, la curiosità verso le piccole e grandi bizzarrie di chi ci circonda, il desiderio di raccontare nuove vite e storie diverse. So che un giorno tutto finirà e non m’illudo con aspettative sul futuro, mi godo il viaggio e basta, vivo alla giornata, senza fermarmi».
Un pregio di cui è orgoglioso? «La mia totale assenza di competitività: guardo al mio percorso e non a quello degli altri, cercando di primeggiare o scavalcarli.
Ecco perché preferisco restare a casa a disegnare piuttosto che partecipare alle premiazioni. D’altronde nelle altre categorie mica esistono i premi come “miglior idraulico” o “parrucchiera perfetta” e non capisco perché invece per noi sia diverso. A me sta bene fare il mio e continuare a guardare la vita negli occhi».
BENTORNATO, JOHNNYJohn Christopher Depp II, classe ’63, è attualmente sul set del terzo capitolo di “Animali fantastici e dove trovarli”, prequel della saga di Harry Potter, dove interpreta il mago oscuro Grindelwald. Ha appena partecipato al Festival di Zurigo per presentare il suo nuovo progetto da produttore, “Crock of gold”, documentario sulla stella della musica irlandese Shane MacGowan. Nel film precedente, “Minamata”, ha dato vita al fotografo W. Eugene Smith, che si è battuto per portare all’attenzione mondiale gli affari sporchi di un’industria tossica in Giappone. Ultimamente, a parte il blockbuster tratto dai romanzi di J.K. Rowling (Salani Editore), si è dedicato a progetti impegnati e indipendenti, tra cui “Arrivederci professore”. Nuovo volto della fragranza Sauvage di Dior, ha collezionato in carriera ruoli iconici, da Capitan Jack Sparrow ne “I pirati dei Caraibi” a “Edward mani di forbice”. Strettissimo collaboratore del regista Tim Burton, ha dato vita ad alcune delle creature più straordinarie dell’immaginario collettivo della settima arte. Da Willy Wonka al Cappellaio Matto, ha saputo reinventarsi e trasformarsi spiazzando il pubblico ad ogni performance, comprese quelle musicali con l’attuale band rock Hollywood Vampires.
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