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La scuola è ancora cenerentola?

Le scuole devono fare il possibile per continuare nella sicurezza. Ma noi non dobbiamo rubare ai nostri figli le esperienze che spettano loro

Lun 26 Ott 2020 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli
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“La scuola è la priorità” è una frase che concorre al titolo della più ipocrita della storia. Cercandola su Google si trovano 224mila citazioni. Un bel po', considerando che nella realtà la scuola è la cenerentola dell'interesse di questo Paese. Non è un tema recente. Ma con l'epidemia l'eterno ritornello suona ancora più falso.

Il giornale on line “Tecnica della scuola” si è esercitato nel tentativo di ricostruire cosa successe nelle scuole italiane durante la Seconda guerra mondiale. Le prime interruzioni delle lezioni arrivarono nell'inverno del 1942 e nel 1943 la Sicilia si trovò a dover di nuovo mandare a casa gli studenti e chiudere gli edifici scolastici perché l'isola era diventata il centro di una battaglia che segnò un punto di svolta: il primo massiccio sbarco degli Alleati sul suolo italiano. Ma è solo nel 1944 che l'attività didattica entrò davvero nel caos. Il regime era crollato, gli Alleati sbarcavano anche nella Penisola, l'Italia divisa si ritrovò divisa in due dalla linea Gotica, migliaia di sfollati per i bombardamenti nelle città settentrionali. Molte scuole fecero il possibile per portare a termine l'anno scolastico, ma il Paese non era padrone di se stesso.

Il Covid ha portato come effetto collaterale l'interruzione più lunga delle lezioni dalla fine del conflitto mondiale. L'Italia si è distinta per uno stop delle lezioni particolarmente prolungato, da marzo in poi. Molte scuole ci hanno impiegato settimane per sostituire le lezioni in presenza con una qualche attività on line. A settembre la pessima sorpresa: le scuole non erano ancora attrezzate e con la pausa elettorale vissuta in parecchie regioni chiamate al voto, la pausa nello studio è diventata incredibilmente lunga.
Sarà difficile per i nostri figli recuperare quello che hanno perduto. L'apprendimento mancato, ovviamente, ma anche la socialità e per noi genitori, anche quando i ragazzi sono abbastanza grandi da non creare problemi di gestione del tempo quando sono a casa da scuola, è angosciante. I ragazzi spesso sembrano non rendersi conto dell'eccezionalità dei tempi che vivono e sono rapidi ad adattarsi. Ma ciò non rende meno pesante l'impatto sulle loro vite dello scippo di un pezzo della loro vita così formativo. A scuola si stringono amicizie che spesso durano per una vita, si forma buona parte dell'attitudine ad affrontare la vita, si impara a gestire le proprie emozioni e nascono i primi rapporti sentimentali. Noi possiamo solo pretendere che le scuole facciano il possibile per continuare l'attività nel massimo della sicurezza. Ma non basta: dobbiamo anche evitare di contribuire a rubare ai nostri figli le esperienze che spettano loro di diritto a causa di paure certamente giustificate. Capita di sentire di amici che vanno oltre i protocolli di sicurezza, vietano tutto ai propri figli, riversano su di loro l'angoscia che vivono. Non me la sento di giudicare né di rassicurare: sappiamo che il virus colpisce più raramente i bambini, ma chi se la sente di avere certezze? Eppure il rischio fa sempre parte della nostra vita. Essere prudenti è doveroso e saggio, essere ossessionati al punto da illudersi di evitare ogni rischio significa non vivere. Non è questo che voglio per i miei figli.                                                           

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