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Skin hunger: fame di pelle

Un anno senza abbracci: quella cura naturale di cui ci stiamo privando

Gio 28 Gen 2021 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli

Esterno bar, zona gialla. Una mamma molto compita parla dolcemente con una bellissima bimba. Mi colpisce come entrambe siano molto tenere, ma composte, serie, senza smancerie. Alla bimba, seduta più vicino a un tavolo dove un anziano signore sta sorbendo un cappuccino, cade di mano un pupazzetto. Il signore si alza per raccoglierlo e restituirlo alla bimba con un sorriso, quando, all’improvviso, il tempo si congela: lui si blocca, chinato, con la mano protesa ormai a pochi centimetri dal pupazzetto di gomma. La bimba lo squadra con sguardo interrogativo, la madre pure ha un attimo di imbarazzo. Poi il signore e la mamma si scambiano uno sguardo di intesa e lui chiede scusa e ritrae la mano. La mamma dice una frase che mi colpisce come una frustata: «Non si può più nemmeno essere gentili». Il signore annuisce, sbuffando dispiaciuto.

Per mesi abbiamo completamente rimosso certi effetti collaterali della pandemia. L’anno senza abbracci è, come ha detto saggiamente quella mamma, un anno senza gentilezza. Ma non solo: è anche un anno potenzialmente gravido di effetti collaterali che la scienza sta studiando. A Natale, nel rispetto delle strane e cangianti regole, sono andata a trovare mia madre dopo essermi assicurante, mediante tampone, di non farle rischiare alcunché. Rassicurata dal referto di laboratorio, l’ho abbracciata per la prima volta dopo mesi. Un abbraccio goffo, ma carico di speranza.

Gli studiosi anglosassoni hanno dato un nome al fenomeno: skin hunger, letteralmente “fame di pelle”. è la sensazione psicologica che sperimenta chi vive a lungo in isolamento. Sarebbe una vera e propria forma di astinenza che impatta sull’umore, arrivando a influenzare il sonno e a scatenare stati depressivi. Personalmente, pur non vivendo da sola, avverto gli effetti dell’ansia che ormai si lega ai contatti fisici. Il contatto della pelle, dicono gli scienziati, stimola scambi ormonali e attiva una pressione che viene recepita dal nervo vago, uno dei nervi del cranio. Tra questi ormoni c’è la serotonina che, se scende a livelli troppo bassi, ho letto, può avere effetti su ansia, depressione, insonnia. In questo inverno senza abbracci e strette di mano non si fatica a credere che una carezza possa avere effetti così importanti. 
Uno scambio di stimoli chimici ed elettrici che agirebbe sul sistema nervoso. Non a caso è considerato importante appoggiare i bimbi appena nati sul petto scoperto dei propri genitori. Vari esperimenti sugli animali confermano quanto i cuccioli cerchino avidamente questo contatto ancora più del cibo. E io francamente faccio fatica a centellinare il contatto con i miei figli.
Se c’è una cosa che abbiamo imparato durante la pandemia è che le leve delle nostre emozioni sono fondamentali nella gestione di una crisi così complicata come quella che stiamo vivendo. Pensate al senso di liberazione che ha accompagnato la fine dell’anno, come se il calendario, cioè una semplice convenzione che usiamo per misurare il tempo, possa essere una causa degli eventi che stiamo vivendo. C’è anche chi era contento del distanziamento interpersonale ed è giusto che ognuno abbia i suoi gusti in materia. Ma, al di là degli usi e costumi, la scienza ci dice che ci stiamo privando di una “cura naturale” che funziona. Chissà per quanto tempo pagheremo il prezzo di questo isolamento anche quando sarà finito. Non si muore di “fame di pelle”, d’accordo. Ma di sicuro non ci si convive bene.

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