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Che bello questo ritorno in sala

Al cinema, ma non solo, troviamo grandi autori e attori straordinari. Niente male, dopo tanta astinenza

Mer 26 Mag 2021 | di Boris Sollazzo | TV/Cinema
Foto di 5

The Father - Nulla è come sembra
Regia: Florian Zeller
Genere: Dramma
Voto: 4,5/5

Solo un drammaturgo abile come Florian Zeller e un attore eccelso come Anthony Hopkins potevano affrontare la sfida impossibile di “The Father” e vincerla a mani basse. Ennesimo film su una malattia neurologica degnerativa - una forma di Alzheimer lentamente implacabile -, l'opera che è valsa il secondo Oscar al mattatore de “Il silenzio degli innocenti” (unico interprete ad aver vinto una statuetta da protagonista con soli 16 minuti in scena, allora) dribbla ogni retorica e ogni enfasi per portarci dentro la malattia, dentro una mente che è un puzzle che si sgretola e ricompone davanti a noi costantemente. Banditi pietismo e sentimentalismo, grazie a Zeller qui il punto di vista dello spettatore è quello spiazzato, fragile, a volte rabbioso e spesso perduto del malato: la realtà attraverso i suoi occhi si destruttura, cambiano i volti e gli attori, viviamo davvero quello che accade a chi perde la memoria di sé e degli altri. Zeller struttura il film con grande abilità, rifiutando la linearità narrativa a favore di un orizzonte che è tutto nella scena abitata dai protagonisti, Hopkins in un protagonista che porta il suo nome (il cineasta ha pensato fin dall'inizio a lui) mette tutte le sue capacità fisiche e attoriali, non si risparmia, duetta con talenti clamorosi (come Olivia Colman), con attrici carismatiche e sottovalutate e vittime di scelte di carriera ultimamente poco felici (Imogen Poots), con mestieranti di alto livello come Rufus Sewell e Mark Gatiss e, quella che poteva sembrare una pièce teatrale portata rigidamente al cinema, diventa un film sulla vita e la morte (in vita) struggente, elegante, potentissimo. Preparate lenzuola di fazzoletti.


Il buco in testa
Regia: Antonio Capuano
Genere: Dramma
Voto: 4,5/5

Ricordate una delle foto simbolo degli anni di piombo? Giuseppe Memeo, autonomo, che a gambe divaricate punta una pistola, improvvisamente isolato da una folla che protesta, come si fosse in una scena di un film. Fuori campo c'è un rappresentante delle forze dell'ordine, Antonio Custra, che da quell'arma riceverà il proiettile che metterà fine alla sua vita e anche a quello di chi lo ama, la moglie incinta e la figlia che verrà. Antonio Capuano, regista geniale e (po)etico, immagina le ricadute di quel gesto così iconico e drammatico e ci porta al presente, alla vita immaginata di una donna spezzata da quello sparo nel 1977. Un'ispirazione libera e rigorosa allo stesso tempo, affidata a Teresa Saponangelo, attrice incredibile, e alla sensibilità di chi viene chiamato maestro da uno come Paolo Sorrentino. Ne esce fuori la storia dolorosa di una donna fortissima e vulnerabile, di un microcosmo spezzato, di sentimenti che faticano a ricomporsi anche quando si ha l'occasione di confrontarsi con un passato che non si è vissuto, ma si è subito. Capuano si conferma un regista dall'incredibile capacità di rendere iconica la normalità, di renderla eccezionale con pennellate di regia, sceneggiature delicate e implacabili e una direzione degli attori mai banale. Un piccolo gioiello di chi non sbaglia mai un film.


Un altro giro
Regia: Thomas Vinterberg
Genere: Dramma
Voto: 4/5

Un giorno faranno un film su questo film. Sulla tragedia di un padre (Vinterberg) che poco prima del set perde la giovane figlia che vi avrebbe lavorato. Su come per amore suo e dell'arte che entrambi hanno sempre onorato sia riuscito a girarlo e portarlo a termine, regalandolo al pubblico e facendolo divenire uno delle opere più belle e forti della sua cinematografia. Intanto, vale la pena vedere questo, però. Anche perché uno dei più grandi interpreti europei - e alter ego storico del regista - Mads Mikkelsen -, qui dà prova di sé come mai prima. Il suo docente apatico un tempo irresistibile che decide di arginare una depressiva crisi di mezza età con l'alcol, che gli mancava dalla nascita, è ironico e feroce, è pacato nello stile e incendiario nel contenuto e la scientificità con cui qui vediamo come una dipendenza possa ungere gli ingranaggi della vita, ma anche arrugginirli e ingolfarli è poesia pura. Attorno a Mikkelsen tutti rendono al meglio in un inno alla vita e soprattutto alla libertà di viverla, al di là di puritanesimi facili, ma senza incedere nella facile retorica degli eccessi. Un altro giro è come un equilibrista: sempre sul filo, rischia di precipitare, ma arriva alla fine del suo numero d'alta scuola tra gli applausi.


Morrison
Regia: Federico Zampaglione
Genere: Dramma
Voto: 3/5

Federico Zampaglione è uno di quegli artisti che non fa mai zero a zero e che di fronte a un bivio sceglie sempre la strada più tortuosa e difficile. Non sa cosa sia la comfort zone e lo dimostra passando al cinema dagli horror e dal cinema di genere duro e puro all'autobiografia di una generazione, anzi più generazioni, che passa dall'essere un teen movie, anche ingenuo, a un romanzo di formazione e, verso la fine, persino un thriller esistenziale che si incrocia col melodramma sentimentale. Ci si muove con entusiasmo e urgenza di verità, non avendo mai paura di rischiare, dal rapporto tra un giovane divo (Lorenzo Zurzolo di Baby) e un grande attore di cinema d'autore (Giovanni Calcagno), per arrivare a una colonna sonora dove "gioca" con Franco126 e Gazzelle e finire in scene iconiche e ambiziose - lo sparo contro la propria immagine di vetro, una suonata "nuda" -, senza mai fare un passo indietro. Ne esce fuori un film imperfetto e dolce, a volte squilibrato, ma coinvolgente, che parla a più generazioni unendone paure, contraddizioni e fragilità. Il tutto ritraendo l'improbabile circo del mondo musicale, dalle giovani band nei locali alle star decadute.


Si vive una volta sola
Regia: Carlo Verdone
Genere: commedia
Piattaforma: Amazon
Voto: 3/5

Non vorremmo essere Carlo Verdone. O forse sì, per il talento e la capacità di parlare al (e quando è al meglio anche del) suo pubblico. Ma non deve essere facile per il regista, sceneggiatore e interprete dover sempre essere all'altezza delle aspettative di chi lo ama, lui che da anni ha scelto di essere anche diverso, altro, bandendo nostalgie e ripetizioni, una sorta di Allen romano per intenderci. Questo rende la sua ultima produzione un percorso fatto di opere riuscite e amate e altre più discusse. “Si vive una volta sola”, complice anche l'attesa e la discussa scelta di finire su una piattaforma dopo soli tre giorni di sala, è a metà di questo guado. Molti non l'hanno amato, altrettanti lo hanno accolto in modo benevolo. Di sicuro non è tra i suoi migliori, ma il Carlo cattivo e ironico dell'apertura del film, l'impianto fondato su uno scherzo feroce e volutamente prevedibile nei suoi effetti (e affetti), il cast notevolissimo (Foglietta, Papaleo, un grande Max Tortora), l'idea di medici bravissimi nel loro lavoro, ma incapaci di prendersi cura di sé, funziona. Certo, c'è qualche discontinuità e in alcuni momenti qualche concessione di troppo a ciò che si aspetta il pubblico, ma in fondo “Si vive una volta sola” e va bene così.



 

I MAGNIFICI 7  (in sala, finalmente)


The Father: Anthony Hopkins ama così tanto il lavoro d'attore da onorarlo con una delle sue prove più belle anche in età da pensione. E poi vince il suo secondo Oscar rimanendo a casa. A dormire. Maestro vero.

Il buco in testa: Paolo Sorrentino chiama maestro il regista di questo film. A ragione. Uno sguardo sugli anni di piombo attraverso una vita allora in nuce e ora spezzata da uno di quegli spari. Struggente e bellissimo.

Un altro giro: Thomas Vinterberg fa uno dei suoi film più belli nel momento più difficile e atroce della sua vita (ha perso la figlia a pochi giorni dall'inizio del set). E, incredibilmente, è uno splendido inno alla vita.

Il cattivo poeta: Gianluca Jodice decide di esordire nel modo più difficile, portando in scena Gabriele D'Annunzio. La sfida è vinta, anche grazie a un Sergio Castellitto che qui è mattatore generoso e attento.

Morrison: Federico Zampaglione ci descrive cosa vuol dire crescere, confrontarsi, scontrarsi con i propri sogni e l'età adulta. Lo fa con un film allo stesso tempo tenero e impietoso. A cui si vuole bene.

Si vive una volta sola: Carlo Verdone torna con la storia di uno scherzo e di un pool di medici tanto bravi a prendersi cura degli altri quanto incapaci di farlo con se stessi. Opera discontinua, ma con belle intuizioni.

La donna alla finestra: alla seconda brutta citazione di Alfred Hitchcock qualsiasi cinefilo anche distratto vorrebbe e forse dovrebbe tentare il suicidio. Raramente si è vista un'opera così fuori fuoco e contesto.

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