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Io sto con le capreL'editoriale di LuglioMar 22 Giu 2021 | di Angela Iantosca | Editoriale
Dopo aver letto su uno studio condotto da Skuola.net che una importante influencer è per gli studenti italiani uno dei principali modelli da seguire, ho deciso di capirne di più. Ammetto che non è un mondo che mi attira quello degli influencer: sono un po’ vecchia scuola. Ma, per comprendere i ragazzi, ho deciso di superare questo mio limite e di andare in perlustrazione, iniziando proprio a seguire su Instagram il modello di cui sopra. E così, all’improvviso, sono entrata nella vertigine dei post. Post dei figli, post delle inaugurazioni, post della casa, post delle vacanze, post dei momenti romantici, post ancora dei figli. E poi video e best of della giornata. Tutto in funzione della pubblicità a brand. Brand di bibite, di gioielli, di abiti, di scarpe, di locali, di location, di abbigliamento per i neonati, di parchi (ad onor del vero tutto questo influire serve a volte anche per ‘spingere’ le persone alla cultura, ma questa è un’altra storia)...
L’ho seguita qualche giorno e mi sono immedesimata nei ragazzi (ma anche negli adulti), in ciò che tutto questo può suscitare in loro: desiderio di emulazione? Smarrimento? Rabbia? Frustrazione? Tanto più in un momento in cui quel mondo patinato che arriva dai social e che riguarda pochissime persone risulta lontanissimo dalla realtà che ci racconta tutt’altro, perché ci parla di un Paese in affanno, in cui sono aumentati i poveri e che si prepara ad affrontare lo sblocco dei licenziamenti.
Lo ammetto era più semplice vivere quando ero io adolescente: non c’erano tutti questi input social (io ho avuto il mio primo cellulare a 20 anni) e i disagi si gestivano in altro modo. Il confronto era con i compagni di classe e non con un mondo che troppo spesso schiaccia. Che manda continui stimoli dall’esterno senza avere la capacità (e la volontà) di creare strumenti utili a difendersi da tutto questo. Strumenti che forse dovremmo creare noi adulti, a nostra volta schiacciati dallo stesso meccanismo di frustrazione perché non possiamo essere come quel calciatore che solo per aver spostato dall’inquadratura due bottigliette di una nota bevanda è riuscito a far perdere a quell’azienda miliardi di euro…
Sarò anacronistica, ma trovo molta più autenticità in un paesino di 150 abitanti che gioisce per il caciocavallo ottenuto dalle mucche podoliche delle montagne di cui è circondato e per le caprette che si incontrano nei campi.
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