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La finanza? Può essere sostenibileCresce il mercato della finanza sostenibile e si arricchisce il catalogo dei prodotti che guardano al green e all’agenda 2030 delle nazioni uniteMar 22 Giu 2021 | di Marco Marcocci | Soldi
Per fortuna la finanza non è tutta uguale così, se da un lato troviamo la finanza speculativa, dall’altro (quello opposto) scopriamo la finanza sostenibile.
La prima è quella pericolosa e dannosa, assai distante dall’economia reale, il cui obiettivo è quello di fare “i soldi dai soldi” e che, tanto per essere chiari, nel 2007 causò la crisi globale che tutti ricordiamo. La seconda è quella virtuosa che applica nell’esercizio delle proprie attività il concetto di sviluppo sostenibile e che, oltre a guardare al profitto, persegue un’utilità verso la società, il buon governo dell’impresa e la salvaguardia del sistema ambientale.
In altre parole, la finanza sostenibile è quella finanza che mira a realizzare un investimento etichettabile come SRI, ovvero Sustainable and Responsible Investment. Per conseguire tale risultato, la finanza sostenibile deve operare appropriandosi dei valori contenuti in un altro acronimo inglese, l’ormai celeberrimo ESG, tre “semplici” lettere che caratterizzano (e sempre più lo faranno) il mondo della finanza.
ESG sta per Environmental, Social e Governance, ovvero i tre fattori fondamentali per verificare e misurare quanto un investimento possa essere considerato sostenibile, che vanno ad integrare la sfera economico/finanziaria tradizionale dell’investimento.
In particolare, la “E” di Environmental indica i criteri ambientali e valutano come un’azienda si comporta nei confronti dell’ambiente nel quale è collocata e dell’ambiente in generale.
La lettera “S” di Social, invece, denota l’impatto sociale dell’azienda, inteso come la relazione con il territorio, con le persone, con i dipendenti, i fornitori, i clienti e in generale con le comunità con cui viene intrattenuta una relazione.
La “G” di Governance, infine, riguarda la gestione aziendale e quanto questa contenga buone pratiche e principi etici, come ad esempio l’equa retribuzione dei dipendenti, la trasparenza delle decisioni e delle scelte, e cosi via.
In pratica, quindi, l’investimento sostenibile tende a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso mediante una strategia di impiego di medio/lungo periodo ed è caratterizzata dal fatto che l’analisi finanziaria, che ne accompagna tradizionalmente la valutazione, è integrata con quella sociale, ambientale e di buon governo.
Il mercato della finanza sostenibile sta registrando da qualche anno un’importante crescita sia in considerazione delle masse gestite che come numero degli operatori che riversano sul mercato prodotti ESG. Inoltre, giorno dopo giorno, aumenta la sensibilità dei risparmiatori verso gli investimenti responsabili anche perché i rendimenti attesi sono in linea, se non maggiori, rispetto a quelli presenti sul mercato.
Ad inizio 2018, secondo i dati della Global Sustainable Investment Alliance, i capitali investiti a livello globale nel rispetto delle strategie SRI si aggiravano intorno ai 30,7 mila miliardi di dollari, registrando una crescita del 34 % rispetto al 2016 (nel biennio 2014/2016 l’incremento fu del 25,2%).
La maggior parte degli investimenti sostenibili avviene in Europa (46% del totale), a seguire gli Stati Uniti (39%) quindi Canada, Giappone e Australia/Nuova Zelanda. In Italia, secondo la stima di Eurosif, il totale delle masse gestite con criteri SRI a fine 2017 si aggirava intorno ai 1.700 miliardi di euro.
Il catalogo prodotti della finanza sostenibile inizia ad essere ricco e assortito, a testimonianza che l’industria finanziaria sta rivolgendo le dovute attenzioni al tema. Così l’offerta spazia dai social bond ai fondi d’investimento, dai mutui verdi ai transition bond e così via.
Uno degli strumenti più popolari è certamente il green bond, la cui prima emissione vene lanciata nel 2007 dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) con il nome di Climate Awareness Bond, per un valore di 807,2 milioni di dollari, volta a finanziare progetti incentrati sulle soluzioni ai cambiamenti climatici. Da allora il volume complessivo delle obbligazioni verdi ha superato quota mille miliardi di dollari e le previsioni, per i prossimi anni, sono più che positive. Il 2020, secondo i dati della Climate Bond Iniziative (CBI), ha registrato volumi superiori ai 329 miliardi di dollari, 64 milioni in più rispetto al 2019 quando lo stock dei green bond arrivò a 265,4 miliardi di USD. La stima per il 2021 ipotizza emissioni per 350 miliardi di dollari e, stando a quanto sta succedendo dall’inizio dell’anno, il volume prospettato sembra raggiungibile.
Il nuovo quadro di sviluppo sostenibile globale è stabilito dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, adottata dai leader mondiali nel 2015, che individua 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs). L’ambiziosa e necessaria sfida che l’Agenda 2030 si pone è quella di eliminare la povertà e conseguire uno sviluppo sostenibile entro il 2030 a livello mondiale, garantendo che nessuno rimanga escluso.
La finanza sostenibile serve anche a questo.
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