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Meno male che l’invalsi c’èMetà degli studenti non ha competenze sufficienti in matematica e italianoVen 27 Ago 2021 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli
Vi ricordate la rivolta contro i test Invalsi? Qualche anno fa molti insegnanti rifiutavano di sottoporre gli studenti alle prove che si fanno ogni anno per valutare in modo omogeneo sul territorio nazionale la preparazione dei ragazzi. Il voto infatti è un parametro relativo, visto che in ogni singola scuola possono variare sia il modo di insegnare che quello di valutare. Pian piano le proteste sono state rintuzzate e il test si continua a fare. E meno male, perché senza il test Invalsi non sapremmo fino in fondo in che stato drammatico è la scuola a cui affidiamo il futuro dei nostri figli.
Sono rimasta incredula nel leggere le reazioni ai risultati dell’ultima tornata di test. Per chi non li avesse letti sui giornali, l’Invalsi ha certificato che metà dei ragazzi non ha competenze sufficienti in italiano e matematica. Il tasso di impreparazione dopo l’anno nero della Dad è salito per gli studenti di terza media al 39% in italiano e al 44% in matematica. Un anno fa a non raggiungere il livello minimo di istruzione erano il 34% in italiano e il 40% in matematica. Come reagire di fronte a un peggioramento così netto? Chiunque con un minimo di buon senso coglierebbe la gravità di quanto è accaduto: la nostra scuola, mediamente è chiaro, era già sotto accusa per le cattive performance in confronto con quella di altri Paesi occidentali. Il fatto che, anziché invertire la rotta del declino, si vada a peggiorare mi pare disastroso. E, invece di cercare soluzioni, è subito partito lo scaricabarile. Un responsabile dell’Invalsi ha sostenuto che non sia colpa della Dad. Come si spiega allora che la scuola primaria, che in buona parte ha continuato l’attività in presenza, non registri peggioramenti? Nessuna risposta. E un presidente di Regione, uno di quelli che ha chiuso la scuola più a lungo di tutti, ha avuto il coraggio di dire che è colpa degli insegnanti.
Come genitore francamente non sono interessata ai processi, alla ripartizione delle colpe, ai talk show (che, a dirla tutta, non mi pare abbiano dedicato tanto spazio alla questione). Trovo invece molto doloroso constatare come più si sente ripetere che “la scuola è una priorità” meno si vedono investimenti nell’istruzione, a partire dalla preparazione degli insegnanti, scelti a colpi di sanatorie dei precari, per finire con l’edilizia scolastica perennemente terremotata.
Quale sia la priorità ora lo sappiamo tutti. Chiunque sia andato a scuola ricorda che, dopo la motivazione personale, il primo motore dello studio è la capacità degli insegnanti di trasmettere il sapere, di coinvolgere i ragazzi. Io ho frequentato diversi anni della scuola superiore in edifici fatiscenti e provvisori. Situazione pessima, ma nel mio ricordo non sono i banchi rotti o le crepe nei muri ad avermi frenato dall’imparare. La vera differenza l’hanno fatta certi professori tenaci, fantasiosi, preparati e davvero appassionati all’insegnamento. Quelli che non davano tregua alla mia spinta a lasciarmi andare, quelli che sapevano trovare sempre nuovi modi di accendere una scintilla. Con loro mi scontravo, di loro porto con me il ricordo con gratitudine, perché se sono quello che sono lo devo anche a loro. Ce ne sono ancora là fuori? Ne cerchiamo altri come loro? Li mettiamo in condizione di lavorare nel miglior modo possibile, compatibilmente con le condizioni esterne?
Scusate lo sfogo, lo so che c’è stata di mezzo la pandemia ed è stata dura per tutti. Ma non tutti i Paesi hanno reagito abbandonando così i ragazzi. E di alibi e scaricabarile non se ne può più.
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