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Quando il motorino significava libertà

Negli Anni Novanta lo sognavamo di notte. Oggi è più importante lo smartphone

Lun 27 Set 2021 | di Lucrezia L. | Genitori&Figli

Da ragazzini ce lo sognavamo la notte: il motorino per la mia generazione è stato il primo simbolo di libertà e autonomia. C’era chi si vedeva in sella come un cowboys sul suo cavallo, lanciato verso l’orizzonte come nei film western. E chi semplicemente sentiva che il motorino significava poter andare al mare oppure a casa di quel ragazzo o ragazza che ti piacevano, ma abitavano in campagna.

Negli Anni ’90 i motorini che scorrazzavano per le strade delle nostre città erano 900mila. Ho letto i dati di qualche anno fa: ora sono solo ventimila. Un crollo incredibile, che sicuramente in parte dipende dalla progressiva regolamentazione: un tempo i motorini si usavano come oggi le biciclette, senza alcuna formalità. Pian piano è arrivato il bollo, l’obbligo del casco, la targa, l’assicurazione e infine il patentino. Risultato: il motorino è un lusso e un impegno per pochi adolescenti. Resta ovviamente molto diffuso tra gli adulti come mezzo di spostamento nelle città più trafficate, ma parliamo di un’altra categoria di veicoli, scooter con motori molto più potenti dei semplici motorini di una volta.

Ma al di là dell’aspetto burocratico, facendo due chiacchiere con qualche adolescente, inclusi i miei due pargoli non motorizzati e ormai cresciuti, ho cercato di capire come la vedevano. Possibile che un sogno così ambìto sia evaporato solo per i costi e le grane burocratiche? In fondo un motorino di piccola cilindrata, magari usato, costa quanto certi smartphone super lusso che vediamo in mano ai nostri ragazzi. Nel tempo sono usciti anche alcuni articoli che hanno indagato la questione.
Sicuramente l’imposizione di tante tasse e costi vari ha frenato i genitori dall’acquisto e l’obbligo di patente ha scoraggiato tanti giovani. Ma c’è di più. E per me è stato rivelatore un articolo che ho letto su un sito specializzato: l’autore si era messo in contatto con un gruppo di adolescenti appassionati di motorini che usavano però per fare corse ed evoluzioni al limite della legalità. Chiacchierando con loro, è emersa chiara una cosa: il motorino era vissuto come un hobby, una passione e il segno distintivo dell’appartenenza a un gruppo specifico, non come mezzo di trasporto. “Per quello – spiegavano i ragazzi - ci sono i mezzi pubblici o i genitori”.
Concordi i ragazzi con cui ho parlato direttamente. A essere venuta meno è l’identificazione tra il motorino e l’autonomia. In parte potrebbe dipendere dal fatto che oggi molti genitori sono disposti a fare da autisti ai figli in un modo che 30-40 anni fa sarebbe stato inimmaginabile. I nostri genitori erano disposti ad accompagnarti ad impegni legati allo studio e al dovere, ma se in ballo c’era una festa o un’uscita con gli amici, ti dovevi arrangiare. E probabilmente anche lo smartphone ha il suo peso: i nostri ragazzi sono tanto chiusi con noi genitori quanto in contatto perenne con i propri amici, anche senza incontrarsi continuamente. Ai tempi del Covid, questo forse ha permesso loro di soffrire un po’ meno l’isolamento forzato. Ma nel lungo periodo chissà che conseguenze potrà avere. Datemi una sfera di cristallo.                                             

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