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09) Il giardino e le erbacce mortaliOggi posso raccontare la mia storia, cosa che purtroppo non possono fare alcuni bambini che ho conosciutoMar 26 Apr 2011 | di Arianna Della Canonica | concorso iPad
Caro diario, inizio a scriverti raccontando di un particolare periodo della mia breve vita, leggermente tragico, che forse, ha scandalizzato più le persone che avevo intorno che me. Voglio fare ciò, perché più gli anni passano, più dimentico e io non voglio. Mi ricordo che avevo appena compiuto sei anni e la mamma doveva comprare una nuova lavatrice. Eravamo andati a sceglierla, ma dopo che eravamo tornati, avevo iniziato a rimettere e non smettevo più. Allora la mamma mi portò in ospedale, dove mi ricoverarono. Non capivo nulla di ciò che stava accadendo e provai a chiedere spiegazioni, ma tutti sembravano occupati in cose più importanti. Il giorno successivo mi caricarono su un'ambulanza e mi portarono in un altro ospedale ben più lontano da Tradate (Va). Era il pomeriggio del 19 agosto 2004, compleanno del mio papà, che ci aveva seguito in macchina. Entrai e mi fecero un prelievo, poi dovetti aspettare in un box. Dopo un'infinità di tempo, mi portarono in una stanza con un lettino, mi fecero sedere e poi mi iniettarono qualcosa nella spina dorsale, tramite un siringone enorme: quella puntura si chiamava Rachicentesi, faceva malissimo! Ricordo che piansi tanto tanto dal dolore. Le torture però non erano ancora finite, infatti, dopo circa due ore, me ne fecero un'altra simile ma più in basso, sull'ultimo osso della schiena. Era arrivata sera e, piena di dubbi e curiosità su ciò che mi accadeva, mi condussero in un'altra stanza dove sarei stata a dormire. Una volta sistemati, un dottore, vagamente somigliante a Babbo Natale, parlò con i miei genitori, poi venne da me e da mia sorella: «Arianna - disse -, tu sei come un giardino fiorito, però pieno di erbacce. Io sono il giardiniere che, per fare in modo che il giardino resti bello, deve togliere le erbacce. Questo farà provare dolore al giardino che però poi tornerà più bello di prima. Tu sei malata: hai una Leucemia, ma noi ti cureremo». Mamma restò con me in ospedale, mentre papà e Alessia tornarono a casa. Avevo capito ciò che succedeva e non pensavo fosse grave, credevo che sarei tornata a casa molto presto senza più mettere piede in quel posto, ma mi sbagliavo. Ricordo bene che quella notte non dormii, continuavo a rimettere e dal bagno vedevo tutta la città illuminata, eravamo all'undicesimo piano, ma questo non mi faceva stare meglio. Quando mi ripresi, mi stesi sul letto e vidi molti dei miei bei capelli su quell'orribile cuscino. Poco dopo, quando uscii dall'ospedale, per farmi soffrire ancora un po', li tagliarono tutti. In quel periodo stavo male, non mi reggevo in piedi ed ero senza capelli,un completo disastro! Però ero una bambina e presi tutto come un gioco e dopo cinque anni di cure e di avanti indietro dall'ospedale di Monza sono guarita. Penso di non essermi resa conto della gravità della situazione e forse è stato proprio questo che mi ha aiutato a sconfiggere tutto, oltre alle persone a me care e ai dottori. Certo ho perso il primo giorno di scuola e molto altro, ma l'importante è che oggi posso raccontare la mia storia, cosa che purtroppo non possono fare alcuni bambini che ho conosciuto. |
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